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Cronaca

Kenneth Smith, Antigone a Notizie.com: “Pena di morte: l’Europa può fare poco. I cittadini Usa devono lottare contro”

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Giovanna Sorrentino

Stasera l’Alabama fa fare un passo indietro all’umanità. Me ne vado con amore, pace e luce”.

Sono state queste le ultime parole di Kenneth Eugene Smith prima di essere giustiziato dallo Stato dell’Alabama con l’accusa di avere ucciso una donna a colpi di coltello per mandato del marito di lei, un predicatore, che voleva intascare i soldi dell’assicurazione. Il fatto risale al 1988, e l’uomo promise a Smith e a un altro sicario (già condannato a morte nel 2010) mille dollari.

Al processo che lo vedeva imputato Smith aveva dichiarato di essere stato presente all’omicidio, ma di non avervi partecipato direttamente. La giuria popolare aveva raccomandato l’ergastolo, ma il giudice emise la pena di morte.

Kenneth Eugene Smith, moglie, Sofia Antonelli (Wikipedia, Ansa Foto, Linkedin) – notizie.com

Due anni fa si tentò di eseguire la condanna in carcere con l’iniezione letale, ma non riuscirono a trovare la vena di Smith entro il termine stabilito dal mandato di morte. Così, insieme ai suoi legali, lui aveva cercato di rinviare ed evitare l’esecuzione. L’ultima volta si è appellato all’ottavo emendamento della Costituzione americana, che vieta punizioni crudeli e inusuali.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso e in extremis la governatrice dell’Alabama ha rigettato la richiesta di grazia. Così per Smith non c’è stato più nulla da fare. Dopo l’ultimo saluto ai suoi cari, “grazie per avermi supportato. Vi voglio bene, tutti”, è stato legato e al suo volto è stata fissata una maschera che gli copriva naso e bocca. Da questa maschera usciva azoto puro a pressione, in modo che non potesse più assorbire ossigeno.

Kenneth Eugene Smith è il primo condannato a morte al mondo ad aver subito la pratica dell’asfissia. Da tutto il mondo erano arrivati appelli affinché non venisse ucciso dallo Stato. Tra questi, anche l’associazione Antigone.

Ai microfoni di Notizie.com, Sofia Antonelli, ricercatrice e difensore civico dell’Associazione Antigone, per i diritti e le garanzie del sistema penale.

Kenneth Eugene Smith (Foto Wikipedia) – notizie.com

Dottoressa Antonelli, Antigone aveva lanciato un appello contro la condanna a morte di Smith.
Esatto. Ad ottobre, insieme ad altre associazioni abbiamo inviato un appello alla governatrice dell’Alabama, chiedendo di non eseguire questa condanna con le modalità con cui poi è stata eseguita. Perché la pena di morte è una punizione crudele, disumana e degradante, ormai superata ed abolita per legge o nella pratica da più di due terzi dei Paesi del mondo. Ed è tale ancora di più se fatta con pratiche come questa dell’azoto”.

Una pratica mai usata prima.
Credo che sia una modalità mai usata prima sugli esseri umani e ne viene escluso l’uso anche sugli animali”.

Alla notizia di una condanna a morte, l’Europa e tutte le organizzazioni mondiali si schierano contro. In alcuni Paesi degli Usa però questa pratica continua ad esistere.
Sì, ed è abbastanza fuori comprensione come la più antica democrazia al mondo la usi ancora come strumento di punizione. Quello che possiamo auspicare è che da questa ennesima tragedia parta una sollevazioni delle posizioni contrarie e si crei finalmente una campagna contro la pena di morte negli Usa. Ancora non è facile veder traccia della nascita di tale campagna, però sarebbe sicuramente necessaria e dovrebbe partire dagli Usa”.

Kenneth Smith, Antigone a Notizie.com: “L’Europa può fare. I cittadini Usa devono lottare contro la pena di morte” (Foto di Linkedin) – notizie.com

Dottoressa Antonelli, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani in una nota ha scritto che quello dell’asfissia per mezzo dell’azoto è una pratica non testata, che potrebbe anche fallire ed essere dolorosa, violando quindi i diritti umani. Cosa può fare l’Europa contro la pena di morte?
Ben poco, credo. È una questione interna e se Stato per Stato, gli Usa continuano ad accettare, dar vita e continuare la pena di morte, l’Europa non può intervenire in chissà quale modo. Possiamo condannarla, ma il no dovrebbe partire dagli Usa, che sono un Paese forte e in grado di far nascere una forte battaglia per il cambiamento”.

C’è una differenza sostanziale tra il sistema carcerario Usa e quello italiano?
Sono diversi. Lì le carceri sono private e dietro c’è un business, oltre che la criminalizzazione dei reati. Anche noi abbiamo questioni che riguardano le minoranze, ma negli Usa la questione etnica e razziale è più forte, sentita e pericolosa. Conosciamo bene cosa accade in stato di arresto e non solo”.

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Giovanna Sorrentino