Il critico d’arte più famoso del Belpaese concede un’intervista particolare al Foglio e se la prende con Sangiuliano, ma non solo
Una lite continua. Ma più per questioni d’orgoglio che altro. Vittorio Sgarbi è fatto così, aggressivo con le parole, permaloso nel carattere, ma sincero, quello che pensa, dice e su questo nessuno può dirgli nulla. E quanto gli è successo in questo ultimo periodo, soprattutto col ministro Sangiulano che l’ha puntato sin dall’inizio, sin da quando successe quella cosa al Maxxi, il famoso turpiloquio con linguaggio violento e insulti, il capo della cultura non l’ha mai più perdonato. Anzi, da lì è cominciata la guerra. Chi lo intervista, lo fa in modo ironico e pressante, tanto da dirgli che adesso, dopo le dimissioni, l’ex sottosegretario sarà più presente nelle varie città dove ha impegni istituzionali come Ferrara, Arpino, Urbino, Viterbo, Riva del Garda, Rovereto e lui, Vittorio, replica con altrettanta ironia: “Sarò dappertutto come sempre. Farò il mio lavoro come sempre: mostre, libri, conferenze”.
Un tipo di lavoro che non aveva mai smesso di fare, anche da quando era sottosegretario anzi, da un certo punto di vista, l’aveva intensificato e provato a fare nel miglior modo possibile. Ma a qualcuno non stava bene e in tutte le maniere ha provato a mettere gli ostacoli. E alla fine ha trovato la maniera giusta. Non da sottovalutare, Sgarbi era da novembre che non metteva piede al ministero e che soprattutto non aveva contatti con Sangiuliano, ora però promette battaglia e se lo dice lui, lo farà senza esclusioni di colpi. “Andrò al Tar“, dice l’ex sottosegretario anche perché mica è finita qui.
Non riesce proprio a sopportare il modo per come è stato trattato. Sgarbi si sente di essere stato maltrattato anche perché quel tipo di lavoro che portava avanti, facendo altre cose, lo interpretava come potesse essere funzionale al suo compito istituzionale da sottosegretario e quando ha visto che l’Agcom è intervenuta in quel modo, per di più tramite segnalazione del ministro su lettere anonime, non ci ha visto più. Aveva fatto tutto in buona fede e senza alcun scopo di nascondere ma tutto alla luce del sole.
E su questo è lo stesso Vittorio che ha degli esempi da sottoporre e portare avanti a tutti, come quello di Renzo Piano. Una volta senatore a vita, non ha mai smesso di fare il suo lavoro anche avendo compiti, a volte, istituzionali, ma questo nessuno gliel’ha mai contestato. Ed è da qui che la rabbia di Sgarbi diventa cieca: “Non ha certo smesso di fare l’architetto, ma si sa che in Italia la legge per i nemici si applica, per gli amici si interpreta. E Renzo Piano è un intoccabile“.