Un dirigente leghista, che ha avuto anche incarichi istituzionali, parla col Foglio: “Matteo dice che bisogna aspettare prima di dare certezza sull’uccisione dell’oppositore? Ha ragione”
Vecchi e cari amici che gironzolano sempre in Parlamento e, nei momenti più importanti, non mancano mai. Gli stessi amici che fecero da tramite tra la Lega, in particolar modo Matteo Salvini, con Vladimir Putin. E adesso quasi si nascondono se vengono intercettati. Sembra essere il caso di Claudio D’Amico, un dirigente leghista che in questi anni ha avuto anche alcuni incarichi istituzionali accanto a Calderoli, ad esempio, ma è anche uno abbastanza inserito nelle dinamiche russe. Fu lui uno degli artefici, insieme al prode Savoini, per presentare Putin a Salvini, inserirlo nei salotti russi, quelli che contavano. Adesso sembra sperduto e, quando il cronista del Foglio si avvicina, titubante non vuole parlare, ma alla fine dice tante cose. “Sono stanco di parlare e dichiarare ogni volta che c’è Putin di mezzo. Mi sento ancora con Matteo, certo, ma non mi va di fare il protagonista. Altrimenti ricominciamo con la solita storia…Se presentai io a Matteo Putin? Si bevvero un caffè insieme, ma vogliamo ricordare tutti quelli che l’hanno fatto e che hanno una foto con il presidente russo?“.
Questa storia di Putin e Salvini, proprio non riesce a mandarla giù, nel senso che non accetta la dietrologia che si fa su quel famoso incontro, tanto che si inalbera e si mette a ricordare le tante personalità politiche che hanno avuto rapporti con Putin e hanno anche delle foto con lui, “ma di questo nessuno parla e dice nulla, vero?”. E’ furioso D’Amico, anche perché non accetta che si faccia “due pesi e due misure“, come “spesso accade in Italia“.
E appena si fa riferimento alla drammatica morte del più grande oppositore di Putin, Alexei Navalny, dopo il suo omicidio in Siberia, D’Amico si chiude e riccio e ripete quanto detto da Salvini anzi qualcosa di più “Salvini ha ragione, bisogna aspettare prima di parlare e dare certezze”, e poi spiega la sua teoria sull’uccisione di Navalny e parte: “Quale vantaggio ne trarrebbe Putin della sua morte?”. E gli viene fatto notare che l’oppositore scampò a diversi tentativi di ucciderlo come quella volta che venne avvelenato, ma anche qui D’Amico ribatte “Non sono convinto fino in fondo”.
Cerca di divincolarsi, Claudio D’Amico, di andare via e allontanarsi, ma la voglia di apparire e parlare è più forte di lui e alla domanda del motivo per cui si trova in Parlamento ribatte “faccio parte del consiglio d’amministrazione di un’azienda privata. Ma rimango negli organismi della Lega: ho rapporti con tutti”.