Guerra in Ucraina: sono trascorsi due anni dal giorno dell’invasione russa. A che punto siamo? L’analisi dell’esperto.
Il conflitto tra Kiev e Mosca si è trasformato in una guerra di logoramento che miete centinaia di morti. L’Ucraina è devastata e la pace sembra ancora lontana. Il presidente russo Vladimir Putin non cede sulle sue pretese: per lui un negoziato è possibile solo se verranno rispettate le sue richieste. Dall’altra parte c’è l’Ucraina, appoggiata dall’Occidente, che resiste e non ha intenzione di piegarsi alle pretese del Cremlino.
Il punto della situazione con Claudio Bertolotti, ricercatore dell’Ispi.
Dottore, due anni fa è cominciata la guerra in Ucraina. Quando finirà?
“È una guerra con una fine indefinita nella sua conclusione finale, ma che di fatto ha già determinato lo scenario conclusivo: l’Ucraina, pur essendo riuscita a resistere al tentativo di avanzata russo, non è riuscita a riconquistare quei territori con un’azione controffensiva. La contingentata disponibilità di armamenti ed equipaggiamenti di alta qualità forniti dall’Occidente, pur essendo in grado di compensare la grandissima quantità russa, non potranno più consentire a Kiev di ambire a liberare i territori attualmente occupati da Mosca. La Russia di fatto tiene il controllo su una porzione di territorio ucraino a cui difficilmente potrà rinunciare e di certo non lo farà per volontà politica”.
Se dovesse fare un bilancio, quali sarebbero i momenti salienti che hanno segnato svolte importanti nella guerra?
“Innanzitutto i primi giorni di guerra, quando a dispetto delle ambizioni russe, il governo e le forze armate ucraina hanno contenuto l’avanzata. Un altro momento importante è stata la prima, unica e vera grande controffensiva, che ha portato alla riconquista dell’area di Kharkiv, imponendo alla Russia di indietreggiare e rientrare nei suoi confini. C’è anche la resistenza di Mariupol, che si è conclusa con la caduta della città e la resa del battaglione Azov: quell’occasione ha dimostrato la tenace e convinta volontà ucraina di resistere all’offensiva russa. Vale la pena ricordare anche la sfortunata offensiva della tarda primavera dell’anno scorso, che non ha portato risultati. Nelle condizioni in cui era l’Ucraina in termini di numeri ed equipaggiamenti, non avrebbe potuto andare diversamente, tenuto conto anche della dispersione delle forze sul campo di battaglia. Infine, anche se non rilevante strategicamente, è da sottolineare la caduta di Avdiïvka di pochi giorni fa. Di fatto ha allontanato ancora di più la speranza ucraina di riuscire a minacciare i russi nel Donbass”.
Le nuove sanzioni varate contro la Russia, riusciranno nell’intento di renderla economicamente più debole per portare avanti l’offensiva in Ucraina?
“No. Ormai i vuoti creati dalle sanzioni occidentali sono stati riempiti da altri attori, creando di fatto un mercato globale da cui è escluso solo l’Occidente e di cui sono parte attiva i Paesi non allineati e i Brics. Stanno garantendo alla Russia di accedere a tecnologia, beni e materiali dall’intero mercato globale”.
Senza l’aiuto di Usa e Ue, quali sarebbero state le sorti dell’Ucraina?
“Senza l’aiuto Usa in primo luogo e quello europeo, l’Ucraina non avrebbe potuto resistere più di qualche mese all’offensiva russa. Sarebbe collassata da un punto di vista militare e di conseguenza anche politico. L’Ucraina è in piedi solo grazie alla capacità dell’Occidente di fornire armamenti di alta qualità e dei suoi soldati – che purtroppo si stanno riducendo sempre di più – di sacrificarsi e combattere con grande tenacia. È la somma di questi due elementi”.
Riesce a immaginare la fine di questo conflitto?
“Sì, e non è uno scenario favorevole perché vedrà l’Ucraina privata di quei territori che oggi sono sotto il controllo della Russia. Sono convinto che gli stessi territori saranno il trampolino di lancio per la prossima ambiziosa espansione russa che avverrà nei prossimi anni a danno dell’Ucraina. Quando avverrà non è semplicissimo dirlo, perché dipende da quanto l’Occidente vorrà continuare ad aiutare l’Ucraina. I tempi di questa guerra sono nelle mani del Congresso Usa che dovrà stanziare o meno gli aiuti, e in subordine dell’Europa. Possiamo prevedere un 2024 di combattimenti continui e un 2025 che potrebbe aprire a uno scenario sul piano negoziale anche in base alla capacità militare confermata e mantenuta dall’Ucraina nel corso del tempo”.
Ha senso parlare della capacità negoziale se dall’altra parte c’è il Cremlino che non resta fermo sulle sue pretese?
“La Russia accetterà un accordo che come minimo le riconoscerà tutti i territori sotto il suo controllo oggi. Per ottenere questo, al tavolo negoziale farà pesare, in termini di minaccia o deterrenza, l’ulteriore capacità di fare un passo avanti. Intendo dire potrebbe minacciare di andare avanti nel conflitto occupando altre porzioni di territorio, addirittura Kiev. Al momento il Cremlino non ha questa capacità, ma se dovessero venir meno gli aiuti dell’Occidente, potremmo trovarci di fronte a questo scenario”
Gli aiuti occidentali a Kiev quindi, saranno fondamentali. Ma continueranno ancora ad arrivare, alla luce anche del conflitto a Gaza?
“Dipende da chi amministrerà la Casa Bianca. Credo che l’opzione Trump potrebbe aprire a una rinuncia dell’Occidente a un sostegno incondizionato dell’Ucraina a fronte di una guerra senza fine. Volendo arrivare al termine del conflitto, guardando ai precedenti di Trump – in particolar modo all’accordo negoziale siglato con i talebani a febbraio 2020 – potrei azzardare che potrebbe spingere l’amministrazione ucraina a rinunciare. Questo vorrebbe dire o dimissioni di Zelensky – in modo da aprire a uno scenario più favorevole a questo tipo di accordo – o piegare la volontà del presidente ucraino alle volontà della Casa Bianca”.