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Cronaca

8 marzo 2024, Agosta (D.i.Re) a Notizie.com: “Piano nazionale antiviolenza è scaduto: va aggiornato”

Published by
Giovanna Sorrentino

Il Piano nazionale antiviolenza è scaduto da tempo e va aggiornato perché fino a che il nostro Stato non ne avrà uno, la violenza sulle donne verrà affrontata sul piano della sicurezza, e non è solo questo”. 

Ai nostri microfoni Anna Agosta, segretaria nazionale di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, denuncia la necessità di aggiornare il piano nazionale contro la violenza sulle donne.

Serve a dare l’indirizzo politico che un Paese vuole mettere in campo per contrastare la violenza maschile sulle donne. Finché non ne avremo uno che includa le politiche di prevenzione e di formazione da mettere in campo e il sostegno ai centri, questo tema verrà sempre affrontato sul piano della sicurezza, quindi con il Codice rosso e l’inasprimento delle pene”. 

8 marzo 2024, Agosta (D.i.Re) a Notizie.com: “Piano nazionale antiviolenza è scaduto: va aggiornato” (Ansa Foto) – notizie.com

Ma, come spiega Agosta, non si tratta solo di questo: “La partita non va giocata solo lì: le leggi servono e l’Italia ha un robusto impianto normativo che potrebbe funzionare meglio con un’adeguata formazione delle operatrici e degli operatori. Fino a che non verrà aggiornato il piano, saremo messe male anche rispetto ai finanziamenti che arrivano in ritardo: non abbiamo la possibilità di fare programmazione e le risorse necessarie”.

In un comunicato in occasione dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna, D.i.Re ribadisce che la violenza ha un genere. “Le attività per contrastarla devono essere progettate e realizzate dei centri antiviolenza e delle loro attiviste, con l’attenzione al rischio di neutralizzazione di questi luoghi politici di accoglienza, che le politiche nazionali stanno facendo emergere”, dichiara Antonella Veltri, presidente di Donne in Rete.

“I centri rischiano di diventare invisibili”

I centri antiviolenza stanno vivendo un grossissimo pericolo di diventare invisibili – spiega ai nostri microfoni Anna Agosta – perché si continua a parlare di violenza in genere e non di genere. Rispetto ai finanziamenti vivono una condizione di precariato. La violenza ha un genere, lo dicono i dati: è la violenza maschile sulle donne. I centri antiviolenza da 40 anni accolgono le donne con un approccio di genere e fanno delle donne il fulcro della loro attività, anche politica: noi con le donne facciamo un progetto politico di fuoriuscita dalla violenza”. 

8 marzo, 120 donne uccise nel 2023

Violenza sulle donne – notizie.com

Sono 120 le donne uccise nel 2023: di queste 64 per mano di un ex o un compagno e si registra una diminuzione del 6%: “Questa flessione non fa emergere un miglioramento significativo. Inoltre, a fronte di questi numeri altissimi dobbiamo contestualizzare il tema: ci sono migliaia di donne che subiscono violenza maschile, magari senza arrivare a morire, ma vanno considerate ugualmente”.

Molte non denunciano, altre lo hanno fatto quando è morta Giulia Cecchettin

Le donne che in Italia subiscono, hanno subito o stanno subendo violenza “sono una su tre. Il 70% di queste non lo dice a nessuno”. C’è quindi un pericolo latente, secondo la segretaria di Donne in Rete, che riguarda tutte le donne attualmente in pericolo o che non denunciano.

Ai centri D.i.Re si rivolgono 22mila donne all’anno: “Noi rappresentiamo il 30% dei centri antiviolenza in tutta Italia. I numeri sono costanti, ma abbiamo avuto periodi di maggiore consapevolezza, come quando è stata uccisa Giulia Cecchettin”.

Giulia Cecchettin – Notizie.com – © Ansa

Il dato positivo: sempre più giovani donne ai centri antiviolenza

Ma nel mare dei numeri emerge un dato positivo: nelle giovani donne è aumentata la consapevolezza al tema della violenza e sono sempre più quelle che si rivolgono ai centri antiviolenza: “Ci fa ben sperare, perché chiedono aiuto prima. Anni fa il target era molto alto e si trattava di donne che venivano da anni e anni di violenze”.

La consapevolezza, secondo Agosta, è arrivata anche grazie ai media che ne parlano di più e alle campagne di sensibilizzazione. Ma soprattutto al lavoro che i centri svolgono sui territori: “Attraverso i media arriva l’informazione dell’esistenza dei centri antiviolenza, mentre prima non accadeva. Adesso veniamo contattate anche in contesti di informazione e sensibilizzazione per portare la nostra esperienza. Inoltre, i centri nei territori fanno un lavoro politico importante con le istituzioni e di prevenzione nelle scuole, che è quello che veramente fa la sofferenza”.

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Giovanna Sorrentino