La direttiva Ue sulle case green ha ottenuto l’ok della Plenaria, che ha come obiettivo emissioni zero entro il 2050.
È stata approvata con 370 sì, 199 no e 46 astenuti. Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega hanno votato no, nonostante il provvedimento sia arrivato in Aula con delle modifiche richieste proprio dai partiti della maggioranza di centrodestra italiani. Partito democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Italia Viva si sono espressi a favore.
La normativa prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero dal 203, dal 2028 tutti gli edifici pubblici. Inoltre, almeno il 16% degli edifici pubblici con le peggiori prestazioni andrà ristrutturato entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Per le case si applicherà l’obiettivo di riduzione del consumo energetico del 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035.
“La Lega ha votato contro perché, nonostante grazie a noi il testo originario della direttiva sia stato completamente stravolto e le criticità più importanti siano state sminate, restano alcune criticità”, dichiara ai nostri microfoni Isabella Tovaglieri, eurodeputata della Lega, componente della commissione Industria ed energia del Parlamento Ue.
In origine la direttiva prevedeva che le spese di ristrutturazione fossero a carico dei cittadini, pena la svalutazione economica della propria casa. “Ora quest’obbligo non esiste più, anche perché era entro tempistiche irrealizzabili, ed è stato trasferito in capo allo Stato membro”.
Ha dichiarato che “il problema resta chi paga”, perché?
“È vero che gli obiettivi sono stati diluiti anche da un punto di vista temporale, ma l’Italia ha comunque un patrimonio immobiliare frazionato e vetusto. Se vogliamo concentrarci sugli immobili di categoria energetica peggiore, stiamo parlando di 5 milioni di case da ristrutturare. Il tema quindi, è chi paga. E siccome sono anche previste delle sanzioni per gli Stati che non si adeguano entro i termini prescritti, noi siamo preoccupati perché le sanzioni si pagano con i soldi pubblici, quindi alla fine tutto ricade ancora una volta sui cittadini”.
Quindi cosa va fatto, secondo voi?
“Non vogliamo che sia l’Europa a dare questi target identici per tutti gli Stati membri, perché ognuno ha le sue caratteristiche. Abbiamo governi eletti democraticamente che sanno perfettamente che la strada tracciata è quella della sostenibilità ambientale, ma devono farlo in base alle proprie risorse economiche ed esigenze”.
Cosa succederà ora?
“I singoli Stati membri hanno due anni di tempo per recepire la direttiva, entro il 2026. Nel 2028 ci sarà un aggiornamento per capire se siamo nelle condizioni di applicarla, quindi di raggiungere gli obiettivi. Queste risposte, oltre che da dati oggettivi, dipenderanno anche dalla maggioranza che ci troveremo. Questa maggioranza in Europa non c’era alcun problema che ci fosse una spada di Damocle sulla testa dei cittadini. Mi viene da pensare quindi, che nel 2028, se noi non saremo in condizione di rispettare gli obiettivi e la maggioranza resterà la stessa, se ne laverà di nuovo le mani come ha sempre fatto. E questo è un rischio per le tasche degli italiani. Con una maggioranza diversa, a traino centrodestra, l’atteggiamento sarà molto più pratico e di buonsenso nel rivedere gli obiettivi”.
È possibile un intervento dell’Europa con incentivi ai singoli Stati, da distribuire ai cittadini che dovranno ristrutturare le proprie case?
“Tutto è possibile, basta avere la volontà politica per farlo. Ad oggi non c’è un capitolo di bilancio europeo che dedichi fondi a queste ristrutturazioni. Si chiede ai singoli Stati di trovare fondi, magari anche tra quelli elargiti dall’Europa tramite il Pnrr. Ma è una presa in giro, perché sappiamo bene che sono già stati tutti impegnati, alcuni anche su temi energetici, ma non c’entrano nulla con questa direttiva. Addirittura in alcuni casi i fondi del Pnrr sono insufficienti per le opere già stanziate, perché i preventivi precedenti sono stati superati per il caro-vita e l’inflazione. Dire che l’Italia avrà i soldi dall’Europa per questa operazione è una presa in giro e non possiamo consentirlo, soprattutto per le fasce più fragili che sono proprio quelle le cui case saranno le prima ad essere ristrutturale. E soprattutto vorremmo continuare a mantenere un privato che tutta l’Europa ci invidia”.
Si spieghi…
“L’80% dei cittadini italiani sono proprietari dell’immobile in cui vivono. Questo concetto fa invidia perché gli altri europei sono inquilini in affitto di immobili di proprietà di grandi fondi di investimento. Se mettiamo queste ipoteche sulle case degli italiani, saranno costretti, prima o poi, a svenderle a fondi di investimento di di fronte a case non prestanti dal punto di vista energetico, faranno shopping delle case degli italiani a poco prezzo e noi non saremo più proprietari ma inquilini. Questo non va bene: non dobbiamo adeguarci al ribasso a come funzione negli altri Paesi in Europa”.