L’attentato a Mosca dimostra “che il terrorismo islamico è ancora forte e radicato, capace di colpire dovunque. E che l’Europa non è assolutamente immune”.
Il bilancio delle vittime dell’attacco al Crocus City Hall è salito a oltre 140 e il numero potrebbe ancora aumentare. Il presidente russo Vladimir Putin ha fatto sapere che i “4 terroristi responsabili dell’attacco sono stati arrestati”.
Secondo il Cremlino avevano contatti con l’Ucraina e si stavano recando lì, ma Kiev ha smentito categoricamente, sottolineando l’estraneità ai fatti. Al momento dell’attacco nella sala concerti, il pubblico attendeva l’inizio del concerto della rock band Picnic.
L’attentato è stato rivendicato dall’Isis-K, noto anche come Wilayat Khorasan. Si tratta della branca afghana dell’Isis, nata nel 2014. Khorasan si traduce in Terra del Sole, cioè la regione che comprende parti dell’Iran, dell’Afghanistan e del Pakistan. Il suo obiettivo è formare un nuovo califfato che riunisca questi tre Paesi, ma anche alcune ex repubbliche sovietiche come il Turkmenistan, il Tagikistan e l’Uzbekistan.
Questo gruppo potrebbe riaprire brutti capitoli per la Russia, che ricordano le ribellioni islamiste nel Caucaso settentrionale, in particolare in Daghestan e in Cecenia. “L’Isis-K è molto articolato è forte. Lo stato islamico sembrava essere stato sconfitto in Siria e in Iraq, ma si è riorganizzato”. Lo spiega ai nostri microfoni Matteo Giusti, giornalista di Limes, aggiungendo che “sta creando sacche di potere enorme anche nell’Africa centrale e occidentale, in Sahel, in alcune parti dell’Iran dove alcune settimane fa c’è stato un terribile attentato dello Stato islamico. In Afghanistan dà filo da torcere ai talebani, perché questi si riconoscono in Al Qaida, network terroristico avversario dello Stato islamico. Si combattono in Afghanistan, Mali, Burkina Faso e Niger”.
Com’è stato possibile un attacco del genere in Russia?
“La Russia è sempre stata un obiettivo degli islamisti, a cominciare dalle guerre in Cecenia, che avevano portato i terroristi ceceni a colpire più volte la Russia e Mosca. La Russia ha sempre fatto i conti con l’estremismo islamico, che la accomuna sia ai regimi occidentali sia a quelli arabi moderati. Era un obiettivo chiaro e conclamato”.
Cosa dice questo attentato della sicurezza interna del Paese?
“I servizi di sicurezza russi non avevano capito il pericolo. Il fatto che in una società controllata come la Russia sia stato facile poter colpire un luogo di aggregazione con moltissime persone, stupisce molto”.
L’ambasciata Usa aveva avvisato la Russia del pericolo di un attacco, perché il Cremlino ha sottovalutato l’alert?
“Purtroppo questo tipo di notizie sono molto comuni. Senza riscontri concreti, si tende a non prenderle sul serio. Questo è stato uno di quei casi in cui si è pagato caro. Inoltre, in questo momento i rapporti tra Usa e Russia sono ai minimi storici, e tutto ciò che arriva dagli Stati Uniti viene preso come una minaccia pretestuosa alla loro sovranità. Infine, i russi si affidano completamente a due servizi segreti che hanno a disposizione: l’Fsb e il GRU militare, vecchio spionaggio e controspionaggio”.
Cosa dimostra l’attacco terroristico dell’Isis a Mosca?
“Che il terrorismo islamico è ancora molto forte e radicato, capace di colpire ovunque. E che l’Europa non è assolutamente immune. Ci sono zone a rischio particolare, come Svezia e Belgio, che con politiche sbagliate hanno permesso a predicatori estremisti dell’Islam di operare, e che ora possono essere un ponte per colpire l’Europa. Gli Usa invece, dopo l’11 settembre sono ancora più difficili da colpire. Lo Stato islamico vuole solo colpire con forza per far vedere che è più forte di Al Qaida e che non è stato sconfitto. Il suo obiettivo sono gli infedeli: i musulmani moderati e gli sciiti iraniani, considerati apostati”.