Molte atlete sono in rivolta per la presenza “negli spazi femminili” di sportivi transgender, al punto da aver denunciato la federazione
Il tema dei transgender nello sport è uno dei più attuali e discussi. La loro partecipazione a una categoria piuttosto che a un’altra ha spesso scatenato polemiche tra gli sportivi stessi. Il caso di Noa-Lynn van Leuven nelle freccette è uno degli ultimi avvenimenti che ha scombussolato l’Olanda. Convocata nella nazionale olandese, la sua presenza ha portato all’addio di due delle esponenti più esperte e forti della squadra. Ma non è l’unico. Una situazione analoga è quanto sta accadendo negli Stati Uniti, dov’è in corso una vera e propria ribellione di alcuni atleti e atlete appartenenti ai college del paese.
Questo tipo di protesta si è espansa su molteplici temi che non riguardano solo l’apertura verso i transgender. Questi, infatti, lamentano la condivisione di spazi intimi come gli spogliatoi. Un movimento che sembrerebbe aver trovato un numero importante di adesioni e approvazioni, al punto tale da volerne discutere a livello istituzionale. Il loro obiettivo sarebbe quello di muovere causa verso la National Collegiate Athletic Association. Si tratta di un’organizzazione che gestisce le attività sportive di quasi 500 mila atleti, partecipanti ai programmi sportivi di 1100 college e università negli Usa, in Porto Rico e in Canada.
L’artefice principale di questo ‘programma’ è l’ex nuotatrice dell’Università del Kentucky, Riley Gaines. Profilo di spicco in questo mondo, è nota per aver pareggiato nel 2022 al quinto posto con la nuotatrice transgender dell’Università della Pennsylvania, Lia Thomas (nel campionato NCAA stile libero dei 200 yard). La ragazza sostiene che l’associazione abbia violato i loro diritti del Titolo IX consentendo ‘a degli uomini’ di competere negli sport femminili. La denuncia è stata già presentata lo scorso 14 marzo presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti ad Atlanta. L’obiettivo finale è che a tutti gli sportivi transgender vengano tolti tutti i premi assegnati loro e assegnati, di conseguenza, a coloro che invece vengono ritenuti ‘validi’.
In questo fascicolo spuntano numerose firme. Tra queste ben 16 sono donne, fiere di aver preso parte a questa lotta. Ritengono che la NCAA abbia distrutto quelli che sono definiti gli ‘spazi sicuri del mondo femminile’. In che modo? Non solo lasciando competere chi, a detta di queste, non avrebbe il diritto a farlo, ma anche – come accennato sopra – permettendogli l’accesso allo spogliatoio delle femmine senza che le dirette interessate ne abbiano dato il permesso. Insomma, una presa di potere bella e buona che ora andrà valutata da un punto di vista giuridico. Quel che è certo è che una situazione come questa merita approfondimenti ben dettagliati, così da poter, prima o poi, porre la parola ‘fine’ sulla questione.