“I fatti ci daranno il quadro reale, ma non ritengo che ci sia il rischio di un’azione diretta di Teheran contro Gerusalemme”.
Lo dichiara in esclusiva a Notizie.com, il ricercatore Ispi Claudio Bertolotti, a commento della notizia che L’Iran possa attaccare Israele già oggi. Come rivelato da fonti Usa alla Cbs, oltre 100 droni e decine di missili starebbero per bombardare obiettivi militari nel Paese, come vendetta per l’attacco israeliano a Damasco del primo aprile, nel quale è morto un importante generale dei Pasdaran.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato un vertice sulla sicurezza per prepararsi a difendersi all’eventuale attacco, e il ministro della Difesa Yoav Gallant ha detto al suo omologo Usa Lloyd Austin che Israele risponderebbe in modo proporzionato a un eventuale attacco iraniano sul suo territorio.
La minaccia dell’Iran contro Israele è reale anche secondo gli Usa, come ha dichiarato il portavoce del Consiglio per la sicurezza americana John Kirby. La notizia del rischio di un conflitto tra Israele e Iran è diventata ufficiale grazie al Wall Street Journal, ma Bertolotti ridimensiona la situazione: “Israele si prepara a uno scontro con l’Iran da un paio di decenni. La dottrina militare di Gerusalemme è incentrata sulla gestione di un conflitto caratterizzato da un’escalation orizzontale. Quindi non soltanto il coinvolgimento degli attori non statali, ma anche statali. In primis, l’Iran. In un momento in cui lo sforzo militare è concentrato nella striscia di Gaza, aprire un ulteriore fronte di gestione operativo, di risorse e della logistica, potrebbe essere un problema. Questo non vuol dire che Israele non è pronto. Lo è”.
Dottor Bertolotti, cosa sta succedendo?
“Il rischio di un’effettiva ritorsione iraniana non è confermato. I fatti ci daranno il quadro reale di un’azione diretta da Teheran contro Gerusalemme. Io ritengo più probabile un’azione indiretta, attraverso il sostegno ai proxy a livello regionale, quindi Hezbollah e Hamas, oppure le milizie sciite in Siria. Ed è proprio alla Siria che guardo con attenzione, perché lì la componente iraniana si muove con una certa disinvoltura e un ampio margine di manovra. Un’azione diretta di Teheran su Israele comporterebbe un’azione mai accaduta nella storia. Un conflitto vero e proprio tra due potenze regionali, di cui una sostenuta direttamente dagli Usa”.
Cosa farebbero gli Usa?
“Washington ha detto chiaramente che, in caso di minaccia diretta, ci sarebbe una risposta Usa. Tutto questo non si discute, nonostante il presidente sia Biden. Ma ripeto, ci sono più elementi che possono confermare un’azione indiretta, che potrebbe anche essere ben organizzata”.
Quale sarebbe il ruolo dell’Europa?
“Nessuno, come sempre. L’Europa si muove in maniera divisa e incoerente. Alcune cancellerie sostengono apertamente Israele, altre timidamente, altre invece si aprono a richieste improbabili di cessate il fuoco, che sarebbero svantaggiose per Gerusalemme. Non dico che la cosa dovrebbe essere condivisibile, ma è un fatto. Nel caso di un’azione militare, l’Europa non sarebbe coinvolta, se non rafforzando la sicurezza del mar Rosso, ma non ci saranno soldati ed equipaggiamenti sul fronte di Israele”.