Il Pontefice per la prima volta alla Biennale ha voluto andare per prima cosa dalle donne del penitenziario della Giudecca
Una visita lampo. Breve, ma intensa, intensissima. Papa Bergoglio è atterrato a Venezia con l’elicottero alle 7.55 all’interno del piazzale della Casa di Reclusione all’Isola della Giudecca. Ha chiesto lui di incontrare subito le detenute del penitenziario, prima di fare tutti i giri che prevedeva la sua agenda. A ricevere Papa Francesco, c’era il Patriarca di Venezia, Mons. Francesco Moraglia, ma anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il provveditore Rosella Santoro, la direttrice della struttura, Mariagrazia Felicita Bregoli e il comandante della Polizia penitenziaria, Lara Boco.
Il Pontefice ha fatto il suo ingresso con la sua classica sedia a rotelle, ha salutato le donne, si è alzato da solo e si è accomodato su una sedia per poter avere le detenute davanti a lui e poterci parlare. E’ stato un incontro a cui il Papa teneva tantissimo per questo l’ha messo prima di ogni visita ufficiale e loro, le detenute l’hanno salutato con grande gioia e tenerezza. “Vi ricorderò, non mollate“, è stato l’incoraggiamento del Pontefice.
Per il Pontefice essere lì davanti a queste donne è stata la cosa che più ha voluto fare in questa giornata veneziana. “Non isolare la dignità, dare nuove possibilità” a chi è recluso in carcere, ha spiegato con tono accorato il Pontefice rivolgendosi alle ragazze della Giudecca che poi ha aggiunto parole bellissime nei confronti di queste donne che stanno soffrendo: “Care sorelle e fratelli, tutti siamo fratelli, nessuno può rinnegare l’altro. Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita a Venezia per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore il carcere è una realtà dura, e problemi come il sovraffollamento, la carenza di strutture e di risorse, gli episodi di violenza, vi generano tanta sofferenza. Però può anche diventare un luogo di rinascita, morale e materiale, in cui la dignità di donne e uomini non è ‘messa in isolamento’, ma promossa attraverso il rispetto reciproco e la cura di talenti e capacità, magari rimaste sopite o imprigionate dalle vicende della vita, ma che possono riemergere per il bene di tutti e che meritano attenzione e fiducia. Nessuno toglie la dignità di una persona”.