Lazio, tra cambio tecnico e classifica da scalare. Nicoletti e Notizie.com: “Tudor è vicino ai giocatori ma non è invadente”
La Lazio batte 1-0 l’Hellas Verona in casa e punta la scalata alla classifica per arrivare in Champions League, impresa ardua ma non impossibile. La stagione dei biancocelesti è stata caratterizzata da alti e bassi, ma soprattutto dal cambio tecnico avvenuto poco più di un mese fa quando Maurizio Sarri ha dato le sue dimissioni ed al suo posto è arrivato Igor Tudor. Per commentare il momento che stanno attraversando i capitolini è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Notizie.com il mental coach Stefano Nicoletti, fondatore di PlayTheNow, famoso brand internazionale del mental coaching.
“Tudor è un allenatore molto diverso rispetto a quelli a cui siamo abituati – esordisce Nicoletti –. Prima di tutto perché ancora non è un nome troppo affermato eppure è riuscito in questi anni ad imporre il concetto che per aprire un ciclo con una squadra serve tempo; è riuscito a chiedere, e ad ottenere, non un semplice contratto fino a fine stagione, ma uno più lungo che gli permetta di lavorare a 360 gradi sulla squadra. Questo è importante, perché fa passare il concetto che per gestire bene un gruppo bisogna creare automatismi che richiedono tempo e applicazione“.
“Molto spesso invece, soprattutto quando c’è un cambio di allenatore, vediamo il contrario, ossia la ricerca di soluzioni immediate e questo spesso è controproducente. Noi sappiamo dalle statistiche, e questo è un concetto che sosteneva anche Dan Peterson per la pallacanestro, che il cambio tecnico, in media, fa migliorare i risultati, però solo nel brevissimo termine. La media, nel calcio, è di cinque partite. Cioè un cambio in panchina, in media, fa migliorare i risultati nelle successive cinque gare, dopo le quali, sempre in media ovviamente, i risultati tornano quelli di prima”, aggiunge l’esperto.
“Questo succede – spiega Nicoletti – perché quando si cercano soluzioni di brevissimo termine, non si risolvono i problemi di fondo di una squadra. Con l’allenatore tutti si rimettono in gioco per scendere in campo, rimettono energie che magari nell’ultimo periodo non avevano impiegato, e questo sicuramente porta ad una scossa, ma se non si risolvono i problemi di fondo poi questa è una soluzione che non dura nel tempo. Invece l’impostazione che Tudor ha dato fin dall’inizio mi è sembrata di tono opposto. Tutti ovviamente vogliono vincere, ma per costruire qualcosa di duraturo non bastano poche partite, ci vuole tempo“.
“Altro aspetto da sottolineare di Tudor è quello comportamentale, ossia legato a ciò che gli vediamo fare dalla panchina – conclude il mental coach –. Siamo sempre più abituati a vedere allenatori che da bordo campo ‘telecomandano’ i calciatori come se giocassero alla Play, Tudor invece ha un atteggiamento molto più ‘sobrio’, vicino sì ai giocatori ma meno invadente. Questo è importante perché sono i calciatori al centro del gioco, quindi è normale e corretto che loro abbiano sempre più responsabilità e autonomia in campo. Il comportamento dell’allenatore laziale è anche un esempio per i ragazzi, un esempio nella gestione dei momenti difficili e pure delle sconfitte. Un esempio di ‘sobrietà’, che riporta poi l’attenzione non solamente al risultato ma anche al lavoro da fare per riuscire ad ottenerlo“.