Alex Fiorio, figlio dell’ex direttore sportivo della Ferrari Cesare, ai nostri microfoni in esclusiva ci racconta il rapporto tra il padre e Ayrton Senna.
Il 1° maggio non sarà mai un giorno come gli altri per il mondo della Formula 1. Un weekend stregato quello del 1994 iniziato con l’incidente, senza conseguenze, di Rubens Barrichello, proseguito con la morte di Ronald Ratzenberger e concluso con la tragedia di Ayrton Senna.
Sono passati ormai trent’anni da quel terribile fine settimana di Imola e ancora oggi nessuno dimentica il brasiliano e le imprese compiute in particolare con la McLaren. Il suo palmarès parla chiaro: tre mondiali conquistati, 31 GP vinti e 80 podi su 162 gare disputate. L’unico rammarico? Non averlo visto in Ferrari. E bisogna dire che ci sono state due possibilità di vederlo correre con il team italiano. La prima nel 1990 quando Cesare Fiorio aveva firmato un precontratto che legava il pilota carioca alla scuderia di Maranello. Alla fine, però, i vertici della Rossa hanno deciso di non puntare sul brasiliano. Un rimpianto che oggi nel team italiano ancora hanno. La seconda cinque anni. Nel 2021, infatti, Jean Todt ha svelato di aver contattato Ayrton per portarlo in Ferrari, ma in quel momento il pilota era concentrato sul 1994 e poi sappiamo cosa è accaduto.
30 anni fa il terribile incidente di Ayrton Senna a San Marino. E noi abbiamo voluto ricordare il pilota brasiliano proprio con Alex Fiorio, figlio dell’ex direttore sportivo della Ferrari che ha provato a portare il pilota brasiliano a Maranello.
“Senna è sempre stato nel cuore di mio padre – ammette l’ex pilota ai nostri microfoni: lui diceva: meglio averlo in casa che come avversario. Il contratto con mio padre lo aveva firmato. Poi i vertici Ferrari hanno deciso di dire no ad Ayrton. Quindi papà ha lasciato la scuderia di Maranello e il pilota brasiliano non è mai andato alla Rossa. Chissà. Se avesse firmato sarebbero cambiate due storie“.
“Ma se parli ancora oggi a mio padre di Senna lui si illumina – conclude Fiorio – non ti dirà mai che è il migliore perché ai suoi piloti ci teneva molto. Ma ripeto: quando si nomina Ayrton, lui si illumina sempre“.