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Salute: scoperto il gene che potrebbe provocare l’Alzheimer

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Alessandro Righi

Scoperta rivoluzionaria in campo scientifico: trovata una forma genetica che potrebbe essere artefice dell’Alzheimer

Ricercatori spagnoli del Sant Pau Research Institute di Barcellona hanno fatto una scoperta che potrebbe cambiare il modo in cui comprendiamo e trattiamo l’Alzheimer.

La mano di una paziente malata di Alzheimer -Ansa- Notizie.com

In uno studio pubblicato su ‘Nature Medicine’, il team guidato da Juan Fortea ha identificato una nuova forma genetica della malattia legata alla presenza di due copie del gene ApoE4 negli individui. Questa condizione, nota come omozigosi per ApoE4, si è dimostrata fortemente correlata con lo sviluppo di caratteristiche biologiche dell’Alzheimer nel cervello o la presenza di biomarcatori della patologia nel liquido cerebrospinale e nelle scansioni Pet.

Alzheimer scoperto quale potrebbe essere il ruolo del gene ApoE4

Il gene ApoE4 è noto da oltre tre decenni per il suo legame con un rischio elevato di sviluppare l’Alzheimer. Tuttavia, la recente ricerca ha rivelato che quasi tutti gli individui con due copie di questo gene manifestano segni biologici della malattia. “Avere due copie del gene ApoE4 potrebbe rappresentare una nuova forma genetica dell’Alzheimer”, afferma Fortea, sottolineando l’importanza della scoperta per comprendere meglio la malattia e sviluppare strategie preventive mirate.

Alzheimer -Ansa- Notizie.com

Gli studi condotti sui donatori di cervello e su persone con marker dell’Alzheimer hanno mostrato che gli omozigoti per ApoE4 presentano livelli anormalmente alti di proteina amiloide nel liquido cerebrospinale già all’età di 55 anni, molto prima rispetto agli individui con altre varianti genetiche. All’età di 65 anni, oltre il 95% degli omozigoti mostra segni evidenti della malattia. Queste osservazioni indicano che la variante genetica ApoE4 non agisce solo come fattore di rischio ma rappresenta una distinta forma genetica dell’Alzheimer.

La scoperta apre nuove prospettive per lo sviluppo di strategie preventive personalizzate e trattamenti mirati specificamente agli individui omozigoti per ApoE4. “I risultati potrebbero essere utili per lo sviluppo di approcci terapeutici mirati”, afferma Víctor Montal, partecipante allo studio. L’enfasi sulla necessità del monitoraggio precoce degli omozigoti suggerisce un cambio paradigmatico nell’approccio alla prevenzione dell’Alzheimer, puntando su interventi specifici fin dalla giovane età.

La ricerca sulle malattie neurodegenerative sta facendo passi da gigante grazie a studi come quello condotto dal Sant Pau Research Institute. Identificare forme genetiche distinte dell’Alzheimer non solo aiuta a comprendere meglio le basi molecolari della malattia ma apre anche la strada a nuove possibilità terapeutiche e preventive che potrebbero migliorare significativamente la qualità della vita degli individui a rischio in futuro.

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Alessandro Righi