Sciopero giornalisti Rai, da chi parla di soprusi a chi decanta la fine di un monopolio

Da una parte si teme che la televisione pubblica abbia una deriva alla “ungherese”, dall’altra che si sta riequilibrando un potere

Chi tir da una parte, chi dall’altra. In Rai di tutto e di più, si diceva tanto tempo fa. C’è chi pensa di aver vinto, chi invece pensa di non aver perso. Una protesta, insomma, che ha fatto e sta facendo discutere, a destra e sinistra. Una manifestazione di dissenso che dato i suoi frutti, secondo l’Usigrai, il sindacato di maggiore prevalenza in Rai da anni, si è invece lavorato senza alcun problema e non contro qualcuno, si è detto dalla parte opposta, l’Unirai, il sindacato fondato da poco tempo e vicino alla destra. Insomma, hanno vinto tutti o nessuno. C’è chi in Rai c’è stato tanto tempo e da lontano sembra vivere tutto questo con particolare disinteresse e anche con un pizzico di amarezza: “Quell’Usigrai, che era abituata a dominare, adesso non lo fa più. Come ci sono la Cgil, la Cisl e la Uil, è forse un bene che ci sia un pluralismo sindacale anche in Rai”. Le parole di Giovanni Minoli, lo storico conduttore e giornalista che in Rai, e non solo, ha inventato un vero e proprio format per le interviste.

L'azienda
Il logo della Rai (Ansa Notizie.com)

 

Per Minoli non ci sono dubbi, tanto che se ne esce con una frase che è tutto dire: “Se vogliamo dire qualcosa di incredibile, diciamo che cade un muro che va avanti da anni“. Secondo qualcuno è stato uno sciopero che non ha avuto successo come spiega l’Usigrai, anzi è stato un vero e proprio flop: “Quando una cosa che è monopolista ad un tratto diventa duopolista c’è, senza ombra di dubbio, un cambiamento“. Per Minoli, poi, quando sente parlare di Telemeloni, sorride e risponde: “Già l’ho detto diverse volte: è sempre tele di chi comanda. Lo è da quando è nata la Rai. Una volta è TeleDc, un’altra è TeleSinistra. Oggi è TeleMeloni. È la legge a lottizzare la Rai. Altro discorso è chiedersi quale è il livello della professionalità dei nominati“.

I faziosi dell’Usigrai sconfitti dopo anni di soprusi

La protesta
L’azienda Rai, la televisione pubblica italiana (Ansa Notizie.com)

A suo parere alto o basso? «Non ho l’impressione che si tenga molto conto dei curricula. Si chiedono, ma sappiamo tutti che le scelte sono figlie di una trattativa politica. È normale, dunque, che prevale l’interesse dei partiti rispetto alla qualità delle candidature. Da sempre è così». Perché nessuno parla di qualità dei palinsesti, mentre si fa tanto rumore sul monologo di Scurati? «Siamo alle comiche. Tanto rumore per un programma che fa il tre per cento. Se fosse dipeso da me, l’avrei mandato come sigla, come intermezzo e sigla di coda. Mi è sembrata una questione di lana caprina. Ognuno, poi, ci gioca sopra come vuole e soprattutto il protagonista ne trae un vantaggio, sia in termini di pubblicità che forse di vendita dei libri. Perfino Augias ha affermato che nella televisione democristiana una cosa del genere non sarebbe mai capitata»

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