Aprile 2024 è stato il più caldo mai registrato a livello mondiale da quando vengono misurati i dati.
Il dato è allarmante e arriva dal servizio meteo Ue Copernicus, che registra una temperatura media dell’aria in superficie di 15,03 gradi, 0,67 gradi sopra la media di aprile dal 1991 al 2020 e 0,14 gradi sul record precedente di aprile 2016.
Da undici mesi poi, si assiste a un aumento di temperature costante e mai registrato in precedenza. Ne abbiamo parlato con il meteorologo de IlMeteo.it, Mattia Gussoni.
Dottor Gussoni, cosa ci dicono questi dati?
“Ci dicono che il mese di aprile è il più caldo mai registrato da quando si misurano i dati. Ma il dato più allarmante è che è l’undicesimo mese di fila in cui siamo sopra la media climatica. Si registrano 1,58 gradi in più rispetto alla media, mentre la soglia fissata negli Accordi sul clima di Parigi era di 1,5. L’obiettivo era di non superarla nei prossimi decenni, ma la stiamo superando da diversi mesi”.
Come legge i dati rispetto al 2023?
“Si evince che stiamo facendo peggio dell’anno scorso perché la linea gialla del grafico (vedere immagine ndr.) è molto più alta di quella rossa riferita al 2023″.
Dal grafico si evince anche che altri anni le temperature sono state superate.
“Sì, ma poi rientravano nella norma. Per un periodo avevamo picchi molto alti poi scendevamo. Dall’anno scorso invece, continuiamo a salire e il trend del 2024 sta peggiorando”.
“Per una o due generazioni faremo i conti con questa situazione”
Dove ci porterà questo processo?
“La causa di tutto sono i cambiamenti climatici derivanti dalle emissioni in atmosfera di CO2, soprattutto negli ultimi decenni. L’obiettivo è ridurle, ma le emissioni fino ad oggi non spariranno presto: per una o due generazioni faremo i conti con questa situazione”.
Paghiamo il conto solo del passato o anche del presente?
“Degli anni passati sicuramente. Le emissioni in atmosfera si depositano e non scompaiono. Oggi ne emettiamo sempre di più. Adesso siamo a 418 parti per milione di CO2 in atmosfera, mentre nell’era industriale, metà Ottocento, eravamo a circa 280 parti per milione. Abbiamo quasi raddoppiato la concentrazione. Come sappiamo la CO2 è un gas climalterante, quindi trattiene il calore nell’atmosfera favorendo l’aumento delle temperature in tutto il mondo”.
Per quanto tempo pagheremo le conseguenze delle emissioni passate?
“Se per magia da domani emettessimo 0, continueremo a pagare le conseguenze del passato nei prossimi decenni prima che quanto c’è già in atmosfera venga riassorbito in modo naturale. Sappiamo che sono necessari secoli prima che oceani e vegetazione assorbano la CO2. E più ne emettiamo più sarà faticoso tornare ai livelli precedenti”.
Quali sono le conseguenze per la flora e per la fauna?
“Animali che hanno sempre vissuto in un ambiente e in un clima particolare, sono costretti a spostarsi per sopravvivere e cercare nuovi luoghi se ce n’è la possibilità. Altri purtroppo, sono destinati all’estinzione. Ma l’effetto che riguarda in Italia è la scomparsa dei ghiacciai sulle nostre montagne. Essi sono una preziosa risorsa naturale ed incidono anche sul deflusso dei fiumi intesi come risorsa idrica e produzione di energia idroelettrica”.
Come possiamo fare noi a sopravvivere ai cambiamenti climatici?
“La sfida maggiore è adattarsi. Si parla di mitigazione, quindi di ridurre le emissioni e contenere l’aumento delle temperature. L’altra strategia è l’adattamento: dobbiamo farci trovare preparati per il futuro”.
Per anni gli esperti hanno lanciato allarmi alle istituzioni.
“Assolutamente sì. Si parla di cambiamenti climatici da decenni. La CO2 è studiata da oltre un secolo e sappiamo che da essa dipende una parte dei cambiamenti climatici. Purtroppo però, la politica ha tempi molto più brevi e guarda solo al prossimo mandato. Ogni quattro o cinque anni si cambia strategia e si perde occasione per dare una svolta decisiva al futuro delle prossime generazioni e del nostro, nell’immediato”.