Un recente studio confermerebbe una relazione tra il Covid e l’Alzheimer. I dati spiegano il fattore di rischio.
L’emergenza sanitaria globale scatenata dal Sars-CoV-2 ha sollevato numerose preoccupazioni riguardo alle sue conseguenze a lungo termine sulla salute umana. Tra queste, emerge un potenziale legame tra l’infezione da Covid-19 e un aumentato rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer.
Un recente approfondimento pubblicato su ‘The Lancet Neurology’ suggerisce che il Covid dovrebbe essere considerato un fattore di rischio per questa patologia, sebbene resti da chiarire se il virus possa causare direttamente la demenza o accelerarne la comparsa e l’evoluzione.
Gli autori dello studio partono dall’assunto che le malattie infettive possono essere una causa stabilita di neurodegenerazione. Tuttavia, quantificare il pericolo neurologico associato alle infezioni virali rappresenta una sfida. In generale, è stato stimato che il rischio cumulativo di demenza dovuto a un ricovero ospedaliero per qualsiasi infezione virale nel corso della vita sia significativo. Questo dato pone le basi per ulteriori indagini sul ruolo specifico del Covid-19 come fattore di rischio.
Nonostante la relativa novità della pandemia da Sars-CoV-2, alcuni studi hanno già indicato che l’infezione può determinare un rischio superiore di demenza rispetto ad altre infezioni virali come l’influenza. A breve termine, i danni neurologici gravi possono manifestarsi come conseguenza dell’infezione, con meccanismi vascolari e altri processi complessi coinvolti nella patogenesi. In particolare, viene sottolineata la possibile correlazione tra Covid-19 e accumulo della proteina amiloide nelle placche cerebrali caratteristiche dei pazienti affetti da Alzheimer.
Una correlazione diretta tra precedente infezione da Sars-CoV-2 e aumento del rischio Alzheimer sembra emergere dai dati disponibili; tuttavia gli autori dello studio evidenziano la difficoltà nel distinguere se i casi di demenza siano effettivamente scatenati dal virus o semplicemente accelerati dalla sua presenza nell’organismo dell’individuo colpito.
La ricerca conclude ponendo enfasi sulla necessità di considerare anche terapie antivirali moderate nelle infezioni da Sars-CoV-2 al fine di ridurre la gravità dei sintomi e limitare le probabilità delle sequele a lungo termine. Questa raccomandazione apre nuove prospettive nella gestione clinica del Covid-19, suggerendo una strategia più aggressiva anche nei casi meno gravi al fine di prevenire potenziali complicanze future quali l’Alzheimer.
Mentre ulteriori studi sono necessari per comprendere appieno il legame tra Covid-19 e malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, gli attuali risultati evidenziano una chiara necessità: quella di non sottovalutare le possibili conseguenze a lungo termine dell’infezione da Sars-CoV-2 sulla salute mentale degli individui colpiti.