Uno sciame sismico culminato alle 00.31 del 21 maggio ha colpito i Campi Flegrei. La scossa più forte è arrivata a una magnitudo di 4.4.
In un comunicato stampa, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha specificato che si è trattato dell’evento “più energetico tra quelli registrati dall’inizio dell’attuale crisi bradisismisca, iniziata nel 2005″.
L’area dei Campi Flegrei è stata colpita da ben 150 terremoti in 5 ore, due dei quali con una forza superiore a 3. In particolare, quello delle 19.51 di magnitudo 3.5 e delle 20.10 di 4.4.
L’area vulcanica dei Campi Flegrei è nota per i fenomeni di bradisismo, di breve ma intensa durata. Le scosse non sono profonde, quindi non vengono avvertite a lunga distanza.
Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo, primo ricercatore dell’Ingv, contattato in esclusiva da Notizie.com, rileva un dato fondamentale: “Abbiamo raggiunto una magnitudo in assoluto mai registrata prima. Questo porta a credere che essa non sia prevedibile. Molti consideravano assodato che sarebbe sempre stata contenuta, ma adesso nessuno si sbilancia su quanto potrebbe essere forte la prossima”.
Dottor Mastrolorenzo, cosa sta cambiando nei Campi Flegrei?
“Ho sempre sostenuto l’imprevedibilità dell’evoluzione del bradisismo, sia dal punto di vista degli eventi sismici, sia come possibile escalation verso una crisi eruttiva. Purtroppo si sta confermando tutto quello che dico e non si è preparati. La scossa più forte di ieri, 4.4, non era mai stata registrata prima, quindi adesso non sappiamo nemmeno più se le prossime saranno più forti. Pensi che 1 grado di magnitudo è 32 volte più forte in termini energetici. A quanto pare, adesso gli edifici sono al limite della sicurezza, dunque ritengo che debba essere attuato il livello arancione. La Commissione grandi rischi e la Protezione civile dovrebbero valutare l’ipotesi paradossale del falso allarme per cautela nei confronti della popolazione. Non si possono tenere le persone sotto un rischio non valutabile, quindi in una situazione non prevedibile”.
Lei ha spesso criticato, anche a questi microfoni, il piano di emergenza.
“Credo che sia inadeguato come scenario. L’eruzione valutata è di livello intermedio, la subpliniana, ma dovrebbe essere molto più vasta. Non dovrebbero essere solo 500mila le persone da mettere in sicurezza, ma tutte quelle dell’area metropolitana di Napoli. Non c’è alcun motivo per immaginare uno scenario minore. Inoltre, il piano di emergenza è inadeguato dal punto di vista della strategia, perché è previsionistico. Affida tutto alla presunta capacità di noi ricercatori di prevedere, ma questa può essere un’illusione. In sostanza, il piano di emergenza dovrebbe garantire la rapidissima evacuazione della popolazione nel caso di una escalation di eventi”.
Cosa prevede il livello arancione di allerta?
“Il livello arancione prevede che di fronte al rischio per la popolazione, chi non si sente sicuro possa allontanarsi ricevendo un contributo di autonoma sistemazione fuori dalla zona rossa. Anche questo però, a mio avviso, non è adeguato. Perché il governo non può lasciare alla decisione personale di allontanarsi o meno. Le comunità a rischio hanno bisogno di sapere cosa fare, quindi di avere informazioni. Come ho detto, bisogna considerare anche l’ipotesi di rischiare le conseguenze di un falso allarme, ma intanto mettere in sicurezza la popolazione che non può essere soggetta a scosse di magnitudo non prevedibile e una possibile escalation verso una crisi eruttiva”.
La Commissione grandi rischi si è riunita qualche tempo fa.
“Sì. Le mie critiche alle strategie per la mitigazione del rischio sono state confermate dal ministro Musumeci, che ha dichiarato che in qualsiasi momento si potrebbe passare al livello arancione o rosso. Ricordiamo che la Commissione grandi rischi è l’unica autorità scientifica riconosciuta, perché comprende tanti esperti ed è l’unico referente della Protezione civile. In una riunione a ottobre, la Commissione ha confermato ciò che dico da tempo. Cioè, che l’eruzione potrebbe avvenire molto rapidamente e il sistema di monitoraggio potrebbe non essere in grado di darci indizi giusti e per tempo. Dunque, il piano di emergenza potrebbe non essere adeguato per com’è realizzato. Da ottobre si doveva cambiare qualcosa, ma non è cambiato niente: dal punto di vista delle strategie non ci sono novità. Tant’è che a quanto pare non arrivano risposte concrete alla popolazione”.
Dottor Mastrolorenzo, come andrebbe rivisto il piano?
“Non lo so. Io dico qual è il problema dal punto di vista scientifico e spiego quali sono i limiti della ricerca. Gli scenari sono tutti diversi e anche le ipotesi dei vari ricercatori lo sono. Ecco perché per mettere in sicurezza le persone non bisogna basarsi sulle ipotesi scientifiche. Il piano deve essere auto-consistente, da attuare rapidamente in qualsiasi momento e che consenta vie di fuga da terra e per mare. Attenzione, non dico affatto che l’eruzione sta arrivando: ma bisogna essere pronti in qualsiasi momento per evacuare. Il porto di Pozzuoli, la via di fuga principale via mare, si sta insabbiando. Quindi bisognerebbe dragarlo urgentemente”.
È possibile che questa crisi bradisismica rientri come altre in passato?
“Sì, è possibile. Il problema è che sul bradisismo si dice con molta tranquillità che può restare così per molto tempo, rientrare o peggiorare. Beh, mi pare che non sia una grande informazione. Quindi, ancora una volta, bisogna riconoscere i limiti della ricerca scientifica. Serve un piano di emergenza che prescinda dalla essa”.
Fa impressione immaginare di evacuare un’area così densamente popolata.
“La cosa è semplice: bisogna riconoscere, indipendentemente dalle speculazioni, che l’area dei Campi Flegrei è straordinaria sia per il fattore storico-naturalistico sia per il rischio: è l’area a più alto rischio al mondo e va trattata come tale”.
Viene da pensare che forse non dovrebbe essere abitata.
“Però questa è una lunga storia. Quell’area è stata abitata prima dalle popolazioni italiche, poi dai greci e non c’erano eruzioni. Le prime risalgono a 3mila anni fa. Sostanzialmente prima non era mai apparsa pericolosissima. I tempi geologici sono molto più lunghi di quelli umani e adesso bisogna organizzarsi di conseguenza. Si rischia di dimenticare che siamo sulla caldera attiva più pericolosa al mondo che in passato ha dato una supereruzione”.