“È un dato di fatto: molti Comuni hanno fatto cassa con le multe degli autovelox e non hanno destinato quelle somme alla sicurezza stradale. Adesso per loro ci saranno regole diverse”.
Così, ai nostri microfoni, Alfredo Boenzi, segretario di Unione nazionale autoscuole e studi di consulenza automobilistica (Unasca). “I ricavi delle multe dovevano servire ad aumentare la sicurezza stradale, sistemare le strade ed incrementare la segnaletica, ma non è stato così. I Comuni destinavano quelle somme ad altri capitoli di spesa: sono più in infrazione degli automobilisti poco virtuosi”.
Nel decreto che prevede la stretta sugli autovelox viene affrontato anche il tema dei Comuni, che avranno dodici mesi per adeguare e mettere a norma i dispositivi secondo le nuove regole volute dal ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini.
Il testo verrà pubblicato in Gazzetta ufficiale martedì 28 maggio e prevede tre principali novità: dovrà essere richiesta l’autorizzazione al prefetto per installare gli autovelox, la segnaletica e i limiti di velocità.
I Comuni avranno meno autonomia e “discrezionalità nell’installare i dispositivi”, spiega Boenzi. “Viene limitato l’uso indiscriminato e tendenzioso che ne facevano prima. Avranno vincoli molto restrittivi”.
Ma è un bene o un male?
“Per la sicurezza stradale, la presenza degli autovelox è sicuramente un bene. Però, ad esempio, su una strada provinciale con un limite di velocità di 110 o 90 km/h, prevedere un limite di 40km/h su un tratto di 50 metri è pericoloso e inutile. In questo senso abbiamo interloquito con molti parlamentari che hanno portato avanti una battaglia contro gli autovelox aggressivi. Poi, chiaramente in altre situazioni hanno creato dei giusti paletti. Adesso c’è una forbice un po’ più ristretta di discrezionalità da parte dei Comuni”.
Alcuni autovelox rimossi, ma non tutti
Rimuovere gli autovelox non incentiverà gli automobilisti ad aumentare la velocità?
“Ci sono regole più restrittive e verranno rimossi solo nei punti dove si ritiene che non ci sia stata una diligenza nell’installarli”.
C’è stata una polemica anche in passato sulla questione dell’omologazione. Sembra che il decreto non affronti il problema.
“Esatto, non viene affrontato nel modo più corretto. Questi dispositivi elettronici hanno bisogno di manutenzione e di una taratura periodica. Ma anche se non è stato affrontato c’è una giurisprudenza in tal senso e molti ricorsi sono stati vinti proprio per la mancanza di controlli periodici”.
I Comuni hanno 12 mesi di tempo. Basterà ad adeguarsi?
“Credo che un anno sia abbastanza. In alcune situazioni devono semplicemente ritarare limiti e installazioni. Anche perché la legge non è stata inventata adesso. Si sa già che il dispositivo deve essere visibile, annunciato attraverso idonea segnaletica su entrambi i lati della strada. Inoltre l’autovelox non deve essere una trappola o un elemento coercitivo, ma un rilevatore di velocità. È una questione culturale. Chi infrange la legge lo farà comunque, mentre gli automobilisti più virtuosi saranno tutelati rispetto all’installazione barbara precedente”.