In vista del processo che inizierà il prossimo 9 settembre, emergono nuovi dettagli sull’aggressione a Salman Rushdie, del il 12 agosto 2022
Hadi Matar, l’uomo di 26 anni arrestato per il tentato omicidio dello scrittore angloindiano, si trova al centro di un’indagine che cerca di fare luce su possibili complici o sostenitori dell’attacco. Matar affronterà la Corte distrettuale della contea di Chautauqua, nello stato di New York, con accuse gravi quali tentato omicidio di secondo grado e aggressione.
Nonostante si sia dichiarato non colpevole, le autorità stanno valutando la possibilità che l’accusato abbia ricevuto supporto da organizzazioni terroristiche o governi stranieri per pianificare l’attentato contro Rushdie.
Rushdie e la pubblicazione del Memoir “Coltello”
Il ritardo nel processo è stato influenzato anche dalla pubblicazione del memoir “Coltello”, in cui Salman Rushdie narra l’esperienza dell’attentato e le sue conseguenze personali. Questo lavoro ha riacceso l’interesse pubblico sulla vicenda e sulle motivazioni che hanno spinto Matar all’aggressione. Le autorità americane stanno approfondendo ogni pista per stabilire se Matar abbia agito da solo o con il sostegno esterno.
Le discussioni tra la difesa e le autorità federali suggeriscono che potrebbero esserci informazioni rilevanti riguardanti altri individui o entità coinvolte nella pianificazione dell’attacco. Secondo quanto riportato dalla stampa americana, ci sono state trattative tra l’accusato e le autorità federali riguardanti una possibile riduzione della pena in cambio della collaborazione nelle indagini su eventuali complici. Queste informazioni potrebbero portare a nuove accuse federali per terrorismo contro Matar. Nonostante sia stato consultato sulla possibilità di un accordo con Matar, Salman Rushdie non ha ancora espresso una posizione ufficiale. L’esito delle trattative potrebbe influenzare significativamente la durata della pena dell’imputato ma anche aprire nuovi scenari investigativi sul contesto più ampio dell’aggressione.
L’aggressione a Salman Rushdie non è un evento isolato ma si inserisce in un contesto storico marcato dalla fatwa emessa dall’ayatollah Khomeini nel 1989 dopo la pubblicazione de “I versi satanici”. Nonostante il governo iraniano abbia dichiaratamente cessato ogni azione diretta contro lo scrittore nel 1998, la minaccia rimane viva nella comunità estremista islamica. Tutto questo mentre il mondo letterario segue con apprensione gli sviluppi del caso. Ovviamente resta da vedere se questo processo porterà alla luce nuove verità sull’attacco a uno degli scrittori più controversi e celebrati dei nostri tempi, che però con i suoi “versetti” ha aperto un vero e proprio solco, tra l’integralismo e la normale fede islamica.