Carmelo Lavorino, criminologo e Direttore del CESCRIN (Centro Studi Investigazione Criminale), in esclusiva ai nostri microfoni sulla scomparsa della piccola Kata.
E’ passato ormai un anno dalla scomparsa di Kata, la bambina peruviana di 4 anni. Era il 10 giugno 2023 quando la bimba scendeva le scale esterne dell’hotel Astor di Firenze e da quel momento non si hanno avuto più notizie. Le ricerche sono andate avanti per mesi, ma ancora oggi non è ancora chiaro il destino della piccola.
Gli inquirenti, come riportato dall’Agi, seguono quattro piste: traffico di droga, racket, scambio di persone e possibili abusi a sfondo sessuale. Indagini che continueranno nelle prossime settimane nella speranza di riuscire a ritrovare la bambina. Ricordiamo che per la scomparsa della piccola sono stati iscritti sul registro degli indagati i due zii che avevano in custodia la bimba lo scorso 10 giugno.
Ad ormai un anno dalla scomparsa della piccola Kata noi abbiamo contattato in esclusiva Carmelo Lavorino per capire il perché le ricerche non hanno dato esito. “Il mistero non è stato risolto per diversi motivi – spiega ai nostri microfoni il criminologo – inizialmente non è stata individuata la contestualizzazione criminosa. Bisogna capire se è (1) vendetta contro la famiglia e nel particolare verso chi, il perché e l’oggetto del contendere; (2) risultato di liti fra vicini, protagonisti e comportamenti, terminate con la morte della bambina; (3) rapimento per scopo di pressione, ricatto o altro odioso motivo, poi terminato con la morte dell’ostaggio; (4) traffico di bambine a scopo di adozione o altro motivo; (5) rapimento commissionato dall’esterno perché si voleva proprio quella bambina; 6) un predatore sessuale, a prescindere dall’età e dal contesto; (7) i collegamenti (e quali) di quanto accadeva di illegale nell’hotel Astor col ruolo dei famigliari della bambina e con l’utilità di un atto del genere contro la stessa“.
“Vi è stato poi il maledetto vizio italiota di troppi galli in un pollaio per spartirsi la gloria del potere e la visibilità mediatica a vil prezzo – aggiunge Lavorino – troppi soggetti hanno detto la propria: troppe inutili apparizioni televisive; eccessive strumentalizzazioni mediatiche della madre della bambina giusto per fare audience; troppi consiglieri che ben poco hanno consigliato“.
“Sicuramente ci sono state sfortuna, confusione iniziale dovuta anche alla torre di Babele etnica, lentezza procedurale e quello che Vincenzo Parisi, già capo della Polizia, definì “inadeguatezza investigativa” quando non si riesce a risolvere un caso”, conclude il Direttore del CESCRIN (Centro Studi Investigazione Criminale).