Il precedente governo in Nuova Zelanda era pronto a tassare le flatulenze e i rutti degli ovini e dei bovini allevati nel paese
Potrà sembrare ironico, divertente, ma una delle maggiori fonti di diffusione di gas metano nell’aria è dovuto dalle flatulenze degli animali allevati. Basti pensare che una mucca adulta può produrre da sola fino a 500 litri di metano al giorno. Stando ai dati riportati dall’Ipcc, l’oltre miliardo e mezzo di bovini tramite l’eruttazione nel 2015 è stato responsabile per circa il 3,7% di tutte le emissioni di gas serra del pianeta. Una situazione paradossale, ma reale e alla quale il vecchio governo della Nuova Zelanda voleva porre un freno ideando la ‘tassa del rutto‘.
L’economia del paese, d’altronde, è determinata dall’agricoltura. Sono presenti sui territori neozelandesi circa 10 milioni di bovini e 25 milioni di pecore che vagano per i pascoli. Ed è proprio dai primi che proviene poco meno della metà delle emissioni nazionali. Tra i rutti, le flatulenze del bestiame e l’urina, che rilascia protossido di azoto nell’atmosfera, l’incidenza è a dir poco elevata. Numeri che avevano spinto i laburisti a concentrare proprio sull’allevamento il progetto di riduzione dell’emissione di gas serra. L’introduzione di una nuova tassazione degli animali aveva come obiettivo quello di adempiere il proprio compito di raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette di gas serra entro il 2050.
La salita al governo del centro-destra, però, ha cambiato i piani. Andando in soccorso agli agricoltori, hanno deciso di rimuovere l’agricoltura, la lavorazione degli animali e le aziende produttrici di fertilizzanti dal sistema di tariffazione delle emissioni, a partire dal 2025. L’obiettivo è quello di aiutarli, ma per mezzo dell’utilizzo di tecnologie che non obblighino a ridurre produzioni ed esportazioni. Creando un ‘gruppo pastorale’ vogliono lavorare di comune accordo per evitare di far gravare sulle loro spalle una politica economicamente insostenibile. Quest’alternativa è stata chiaramente accettata di buon grado dai diretti interessati, ma meno dagli ecologisti.
La co-leader dei Verdi Chloe Swarbrick, ha affermato che: “Dopo aver versato petrolio, carbone e gas sulla crisi climatica, il governo ha ora messo metà delle nostre emissioni provenienti dall’agricoltura nel paniere troppo duro guidato dall’industria“. Un appello spostato anche dalla portavoce di Greenpeace, Niamh O’Flynn: “Negli ultimi giorni, la coalizione di governo ha segnalato chiaramente che le industrie più inquinanti, l’industria lattiero-casearia e le nuove esplorazioni di petrolio e gas, sono libere di trattare la nostra atmosfera come una fogna a cielo aperto“. Nel fine settimana sono andate in scena anche molte proteste nelle principali città neozelandesi con lo scopo di spingere i governatori a rivedere i propri piani.