Lorenzo Riggi di Geopolitica.info in esclusiva ai nostri microfoni: “Le parole di Putin non sono assolutamente una apertura alla pace”.
La pace solo se l’Ucraina rinuncia a quattro regioni (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson) e all’ingresso nella Nato. Sono queste le condizioni poste da Vladimir Putin per arrivare alla fine del conflitto. Una posizione non assolutamente condivisa da Kiev con Zelensky che ha parlato così dell’inquilino del Cremlino: “Lui come Hitler“.
La sensazione è che al momento la strada verso la tregua in Ucraina sia sempre più in salita. E Lorenzo Riggi, responsabile desk Russia del Centro Studi Geopolitica.info, in esclusiva ai nostri microfoni ha fatto il punto sui rapporti tra Mosca e Kiev dopo le ultime dichiarazioni di Putin.
Lorenzo Riggi, Putin è ritornato a parlare di pace. Apertura o strategia?
“Non è una apertura, ma una linea che Mosca ha ormai adottato da un anno a questa parte. I territori chiesti da Putin non sono occupati interamente dalle forze russe e l’Ucraina non è assolutamente disposta a cedere. Quando Putin apre a negoziati rispetto ad una cessione di alcune zone, parla di cose che lui non possiede e questo rende ancora più irricevibile le sue proposte. Senza dimenticare che Kiev dovrebbe accettare la menomazione del suo Paese“.
A parte le parole di Putin, sul campo ci sono novità?
“Sostanzialmente no. La spinta russa su Kharkiv è stata bloccata. Diciamo che non abbiamo avanzamenti significativi. Sicuramente se la Russia dovesse attivare dei nuovi fronti, gli ucraini sarebbero in difficoltà di uomini“.
Le ultime elezioni Europee potrebbero rendere Zelensky più solo?
“A sentire le parole dei leader no, ma emerge un sentimento di stanchezza. In Francia la vittoria della Le Pen e la crisi del governo dichiarata da Macron. In Germania c’è stata la crescita importante di AFD, in Belgio si è deciso il ritorno al voto. Sono tutte cose che dimostrano come l’Europa sia stanca della guerra e non ostile all’Ucraina. Questo sarà un fattore che i governi dovranno tenere conto“.
A proposito di Francia, l’eventuale vittoria della Le Pen potrebbe portare Macron a cambiare idea sull’invio dei militari?
“Dobbiamo precisare che le decisioni di politica estera e di difesa spettano al presidente e, quindi, Macron dovrebbe bilanciare la sua visione con i movimenti di destra. Ma va detta anche un’altra cosa: se da un lato l’inquilino dell’Eliseo ha spinto per inviare soldati, dall’altra la Francia è il Paese che ha aiutato meno l’Ucraina sia in termini percentuali che assoluti. Quindi da parte di Macron è stata fatta semplicemente una campagna retorica e politica. Ma all’atto pratico il Paese transalpino ha fatto davvero poco in favore di Kiev“.
Si avvicinano anche le elezioni americane. Possibile un cambio di posizione da parte di Biden?
“Non credo perché l’ultimo pacchetto di aiuti approvato dovrebbe riuscire a tamponare fino al voto. A febbraio e marzo hanno fatto passare quelle norme consapevoli che più avanti non era possibile. Quindi non mi aspetto pacchetti e aiuti da parte degli Usa“.