Dal museo sono stati rimossi cinque quadri di grandi pittori, tra cui anche Van Gogh, per degli evidenti collegamenti con il nazismo
Tra i drammi della Seconda Guerra Mondiale c’è anche quello delle spoliazioni naziste. Un tentativo di arricchirsi con le proprietà artistiche di polacchi ed ebrei, operato dal governo nazista che all’epoca dettava legge in Germania. Fu una componente essenziale dell’Olocausto che iniziò nel 1933 e perdurò fino alla caduta del Reich avvenuta al termine del conflitto. Questi furti avvennero nelle case delle vittime deportate. Gli squadristi delle Kunstschutz – unità militare tedesca sotto Hitler – si impossessarono del loro oro e di tutti gli oggetti di valore che riuscirono a reperire dopo aver ‘liberato’ le abitazioni.
Tra questi vi erano centinaia di quadri, libri, tesori e ceramiche. Nonostante la maggior parte di questi sia stata recuperata dagli agenti del programma Monuments, Fine Arts, and Archives, molte sono invece tutt’ora disperse. Ancora oggi è in corso uno sforzo a livello internazionale per individuarle e restituirle ai legittimi proprietari o ai rispettivi Paesi. Un’operazione che ha come obiettivo quello di recuperare la storia perduta di queste opere, cancellando in qualche modo la tragedia che le ha caratterizzate e portate via dai proprio luoghi d’origine. Un lavoro complicato, lungo e che richiede importanti studi e approfondimenti, oltre che vaste conoscenze dell’argomento.
Un esempio emblematico è quello che ha visto coinvolto il museo svizzero Kunsthaus di Zurigo, costretto a rimuovere cinque quadri dalla propria esposizione. Appartenenti a Emil Bührle, industriale svizzero di origine tedesca, produttore di armamenti e collezionista d’arte, tra questi erano presenti produzioni di Gustave Courbet, Claude Monet, Henri de Toulouse-Lautrec, Paul Gauguin e soprattutto Vincent Van Gogh. Questa collezione, infatti, era da tempo nel mirino delle autorità perché sospetta di essere originaria proprio di quelle operazioni di saccheggio di matrice nazista. D’altronde, gran parte delle proprie ricchezze Bührle le ha ottenute proprio nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, anche per merito di alcune collaborazioni con il governo tedesco.
Per queste e molte altri ragioni, in seguito alle nuove linee guida emesse dal Dipartimento di Stato degli USA, è avvenuto un nuovo approfondimento del caso che ha portato a importanti scoperte. Le ispezioni andate in scena a marzo hanno confermato l’appartenenza ebraica delle opere in possesso dell’imprenditore. Prove sufficienti per ordinare la rimozione delle tele e alimentare le già frequenti polemiche nei confronti del museo che, ignorando la loro possibile origine, ha comunque deciso di esporle. Dai dirigenti viene fatto sapere che presto saranno allacciati i contatti con i discendenti per trovare con loro una soluzione che possa soddisfare tutti.