La ricerca ha aperto una nuova strada nella lotta contro il glioblastoma, uno dei tumori cerebrali più aggressivi e difficili da trattare
Uno studio condotto nell’ambito del progetto Mnesys, noto come il ‘Cern italiano’ per la ricerca sul cervello, ha rivelato che un mix di due farmaci potrebbe essere la chiave per bloccare la crescita delle cellule di questo tumore mortale.
Il progetto Mnesys si pone all’avanguardia nella ricerca neuroscientifica grazie al finanziamento del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), mirando a sviluppare nuove strategie terapeutiche contro le malattie cerebrali. Nel corso del I Forum nazionale delle neuroscienze tenutosi a Napoli, è stato presentato uno studio che potrebbe rivoluzionare l’approccio terapeutico al glioblastoma.
Lorenzo Chiariotti, professore di Patologia generale presso l’università Federico II di Napoli e capofila dello studio pubblicato su ‘Cell Death & Disease’, ha evidenziato come i progressi nella comprensione dei meccanismi alla base delle neoplasie cerebrali non abbiano ancora portato a soluzioni efficaci per il trattamento del glioblastoma. La scoperta dell’espressione elevata dell’enzima lisina metiltransferasi (Setd8) in oltre la metà dei casi analizzati apre tuttavia nuove possibilità.
L’utilizzo combinato di UNC0379, un inibitore specifico di Setd8, con adavosertib, un farmaco antitumorale sperimentale, ha mostrato risultati promettenti nel ridurre la proliferazione delle cellule maligne sia in vitro che in modelli murini. Questa sinergia tra i due farmaci induce la morte delle cellule tumorali e blocca efficacemente la crescita del tumore.
Uno degli ostacoli maggiori nel trattamento dei tumori cerebrali è rappresentato dalla barriera emato-encefalica che protegge il cervello da sostanze nocive ma limita anche l’efficacia dei trattamenti farmacologici. Secondo Chiariotti, le proprietà chimico-fisiche di UNC0379 suggeriscono una sua possibile capacità di attraversare questa barriera. Studi attuali mirano a confermare questa ipotesi nei modelli murini come passaggio preliminare verso eventuali studi clinici sull’uomo.
Questo innovativo approccio terapeutico rappresenta una speranza concreta per i pazienti affetti da glioblastoma. Sebbene ci sia ancora molta strada da fare prima che questi risultati possano tradursi in trattamenti disponibili clinicamente, lo studio segna un importante passo avanti nella lotta contro uno dei tumori più letali. La comunità scientifica attende con interesse ulteriori sviluppi che possano confermare l’efficacia e la sicurezza dell’utilizzo combinato di questi due farmaci nel superamento della barriera emato-encefalica e nell’eradicazione delle cellule tumorali cerebrali.