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Maschio o femmina? Sono tanti gli adolescenti che non si riconoscono

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Alessandro Righi

Salute: sono maschio o femmina? Secondo una ricerca il 3,6% degli adolescenti non si riconosce in un genere ben preciso

In Italia, una recente indagine ha rivelato che una percentuale significativa di adolescenti, non riesce ancora ad identificarsi nei tradizionali schemi di genere. Questo dato è emerso da uno studio condotto su un campione rappresentativo di giovani tra i 13 e i 19 anni.

Ragazzi e ragazze -Ansa- Notizie.com

L’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti italiani, realizzata da Laboratorio adolescenza e Istituto di ricerca Iard con il supporto operativo di Mediatyche Srl, ha coinvolto 3.427 studenti. Tra le varie domande che sono state poste ai giovani monitorati, è stata inclusa per la prima volta tra le risposte, l’opzione “non mi identifico” nella sezione relativa all’appartenenza di genere. Il risultato? Un sorprendente 3,6% degli intervistati ha scelto questa opzione.

Maschio o femmina? Per diversi adolescenti è una scelta coraggiosa

La decisione di includere l’opzione “non mi identifico” tra le opzioni, è stata motivata dalle richieste degli stessi ragazzi e delle loro famiglie. Nonostante le resistenze incontrate nell’edizione precedente dell’indagine, gli autori hanno deciso di procedere alla modifica, offrendo così agli adolescenti uno spazio più ampio per esprimersi. Questa scelta ha comunque rappresentato un importante passo avanti verso il riconoscimento e l’accettazione della diversità.

Identità di genere -Ansa- Notizie.com

Piernicola Garofalo, endocrinologo e già presidente della Società italiana di medicina dell’adolescenza, ha sottolineato l’importanza del dato emerso dall’indagine. Secondo lo stesso Garofalo, il 3,6% potrebbe anche essere addirittura una sottostima, rispetto a quella che rappresenta la realtà del fenomeno almeno in Italia, specie se confrontato con studi simili condotti negli Stati Uniti. L’esigenza primaria è quella di permettere ai giovani di esprimere liberamente la loro percezione dell’identità senza giudizi o pregiudizi. L’inclusione dell’opzione “non mi identifico” nelle indagini future potrebbe contribuire a normalizzare la discussione sull’identità di genere tra gli adolescenti italiani. È essenziale che medici ed educatori lavorino insieme per supportare i giovani in questo delicato aspetto della loro crescita personale.

Quest’indagine segna un punto importante nel dibattito sulla salute mentale e sul benessere degli adolescenti in relazione alla loro identità sessuale e al genere. La speranza è che questi dati possano aprire nuove strade per politiche più inclusive che tengano conto delle diverse esperienze dei giovani oggi in Italia. Mentre però il dato del 3,6% può sembrare minoritario a prima vista, rappresenta comunque un segmento significativo della popolazione adolescente che merita attenzione e comprensione da parte della società nel suo complesso.

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Alessandro Righi