Alla vigilia delle Olimpiadi di Parigi 2024, il Presidente del Coni, in un’intervista al Sole 24 Ore, lancia un monito al Governo per alcuni atleti italiani
Eppure lo sport italiano si muove e sta coinvolgendo sempre nuove leve di appassionati a prescindere dal calcio che ultimamente sta vivendo forse la più profonda crisi di vocazione, infrastrutture e risultati, a tutto vantaggio di altre discipline, dove, all’esplosione del singolo talento, ha fatto seguito una euforia collettiva ben oltre qualsiasi aspettativa. La Pellegrini ieri e Paltrinieri ancora oggi nel nuoto, Tamberi nell’atletica e soprattutto Jannik Sinner nel tennis, sono la fotografia di come sta cambiando lo sporto italiano.
Tra grandi soddisfazioni, successi e risultati in questi dieci anni di carriera al Coni, l’intervista al presidente Giovanni Malagò in edicola oggi sul Sole 24 Ore, proprio alla vigilia dei Giochi Olimpici, tocca temi caldi del mondo dello sport. Dal potenziamento delle infrastrutture sportive del Paese e l’intervento dello Stato, con il quale c’è dialogo e collaborazione, all’incremento degli investimenti nello sport nelle scuole, vitale per formare i campioni del futuro: complice la crisi demografica, che riduce il bacino di talenti per il ricambio degli atleti nelle nazionali, fino allo ius soli nello sport che potrebbe rivelarsi drammatico per il futuro di tanti promettenti campioni azzurri.
Lo ius soli puro prevede che chi nasce nel territorio di un certo stato ottenga automaticamente la cittadinanza: ad oggi è valido ad esempio negli Stati Uniti, ma non è previsto in nessuno stato dell’Unione Europea. Lo ius soli “temperato” presente nella legge presentata al Senato prevede invece che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. “Ho cercato a più riprese di sensibilizzare tanti amici che osteggiano lo ius soli sportivo, ma senza risultati, Vorrei far veder loro cosa succede a un ragazzo nato in Italia da genitori stranieri”, eccolo il grido d’allarme lanciato dal presidente del Coni Giovanni Malagò, in un’intervista con il Sole 24 Ore in edicola oggi, proprio alla vigilia di quelle che potrebbe essere le Olimpiadi più ricche di gloria della storia dello sport italiano. “Fino ai 18 anni veste l’azzurro”, aggiunge Malagò, “poi, a 18 anni, per rappresentare l’Italia deve essere cittadino italiano e inizia un inferno burocratico. Non è mia competenza parlare di ius soli, ma, senza lo ius soli sportivo, rischiamo di perdere tanti talenti sui quali abbiamo investito perché lasciano lo sport o cambiano Paese.”
Le Olimpiadi sono alle porte e per il Presidente del Coni arriva la ribalta più grande, quella dove misurare la forza di un movimento che, nonostante mille difficoltà, non ha mai goduto di una salute così florida. “A Parigi ci sono i presupposti per migliorare Tokyo, edizione benedetta da 40 medaglie. La spedizione azzurra è da record: 403 qualificati, contro i 334 a Tokyo e questo dimostra che abbiamo lavorato bene, certo le variabili sono imponderabili. Il carisma di Tamberi e le vittorie di Sinner stanno coinvolgendo gli italiani e dimostrano che non siamo solo calciofili. Non esiste contrapposizione fra calcio e sport olimpici”, spiega il presidente del Coni, che si augura che i Giochi possano tornare ad avere quella forza che avevano un tempo di fermare anche le guerre. “La situazione è drammatica, ma sono malato di ottimismo e non escludo che la tregua olimpica possa scendere in campo a Parigi. Il provvedimento adottato dal Cio è il migliore possibile, considerate le tensioni anche se sono scontenti gli atleti russi e bielorussi, che potranno essere a Parigi senza bandiera e senza inno e dovendo firmare un documento in cui prendono le distanze dalla guerra, e lo sono gli ucraini che non accettano la decisione”, conclude Malagò.