Gli Stati Membri della Nazioni Unite hanno stipulato un trattato contro i crimini informatici, tantissime le opposizione degli attivisti
La tecnologia e in particolar modo Internet sono croce e delizia della nostra società. Un’opportunità per creare amicizie, stringere rapporti, conoscere, studiare, approfondire e diffondere opinioni e saperi. Un mondo parallelo che, in quanto tale, presenta però anche molti pericoli. Tra i vari social, nel mondo del web, pullulano situazioni al limite, pericolose a svariati livelli, che macchiano questa realtà alternativa e che vanno combattute con ogni mezzo possibile. È nei meandri della rete che si possono sviluppare quelli che vengono comunemente chiamati crimini informatici che niente hanno da invidiare a quelli più noti.
In questo senso, da anni gli Stati Membri della Nazioni Unite sono impegnati per formulare una carta che possa contrarli. Un piano di leggi capace di minare la facilità con la quale questi crimini possono essere commessi. Nella giornata di giovedì, finalmente, questo traguardo sembrerebbe esser stato raggiunto. Come riportano molti media da New York, sarebbe stato approvato all’unanimità un trattato sulla lotta alla criminalità informatica. Un risultato derivante dalla grande dedizione e dalla volontà di contrastare l’illegalità, seppur in qualche modo osteggiato da attivisti per i diritti umani. Questi, infatti, avvertono che l’accordo potrebbe essere utilizzato da parte dei governi per abusare del proprio potere e opprimere i cittadini.
Nei prossimi mesi il testo redatto dovrà ottenere anche l’approvazione, e quindi il via libera, dell’Assemblea Generale. La sua entrata in vigore, invece, avverrà solo quando sarà ratificato dal numero minimo di quaranta paesi. I tempi, dunque, rischiano di essere ancora lunghi, ma quel che conta è l’aver fatto il passo decisivo. I suoi scopi sono ben precisi. Questo trattato mira dichiaratamente a combattere la criminalità informatica in modo più efficace di quello attuale. Tra le modalità, anche quella di rafforzare la cooperazione internazionale. In particolare si dedica a combattere il riciclaggio di denaro e l’abuso di minori.
Una delle più grandi oppositrici di questo testo è sicuramente Deborah Brown, della ONG Human Rights Watch. L’attivista descrive questo accordo come: “Una catastrofe per i diritti umani, uno strumento di sorveglianza multilaterale senza precedenti”. Inoltre, ritiene che possa essere utilizzato per opprimere legalmente: “giornalisti, attivisti, persone LGBT, liberi pensatori e altri oltre confine“. A questo appello si aggiunge anche Nick Ashton-Hart del Cybersecurity Tech Accord, il quale spiega che: “Sfortunatamente, è stata adottata una convenzione senza affrontare le principali carenze individuate dalla società civile, dal settore privato e persino dall’organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani. Non crediamo che gli Stati debbano firmare o applicare questo trattato”.