Un ufficiale ha confessato di esser colpevole dell’omicidio di un uomo di colore, dopo averlo arrestato, ora spera in uno sconto di pena
L’omicidio di George Perry Floyd, avvenuto il 25 maggio del 2020, ha rappresentato un punto di svolta storico nella lotta alla discriminazione razziale. Il 46enne afroamericano venne immobilizzato durante un arresto e morì poco dopo in ospedale. Il video, che ha fatto il giro del mondo, mostrava il comportamento degli agenti di polizia mentre lo soffocavano, premendogli il ginocchio sul collo e soffocandolo. Immagini che diventando virali hanno reso ancora più noto il movimento Black Lives Matter, scatenando proteste contro il razzismo e la violenza delle forze dell’ordine. L’assassino è stato condannato, ma ha presentato appello nei giorni seguenti all’assassinio.
Questo caso, diventato emblematico e simbolico, non però un unicum della storia recente. Di anno in anno emergono, in particolar modo dagli Stati Uniti, notizie di questo tipo. Le ultime riguardano la confessione di alcuni agenti di polizia che hanno ammesso di essersi resi protagonisti di assassini di persone di colore. L’ultimo in ordine cronologico è l’ufficiale Emmitt Martin, uno dei cinque agenti neri coinvolti nell’arresto di Tire Nichols, un uomo nero che – come George Floyd – venne arrestato il 7 gennaio 2023 durante il suo arresto dopo un blocco del traffico e morì tre giorni dopo in ospedale per delle ferite che aveva riportato.
Negli ultimi giorni Martin si è dichiarato colpevole di due delle quattro accuse contro di lui. Tra queste anche la manomissione delle prove contro di lui. “Spinto dalla rabbia, Martin ha usato una forza eccessiva, spinto dalla paura ha cercato di nasconderlo“, ha riferito lo scorso venerdì il suo avvocato in una e-mail, in cui cercava di tutelare gli interessi del proprio cliente. Il legale, però, non si è ancora espresso su possibili testimonianze contro quelli che sono i suoi ex colleghi coinvolti. Per il momento le testimonianze si sono limitate a livello personale, senza andare a favorire prove su chi era con lui quello stesso giorno.
Dichiarando colpevole sé stesso, Martin spera e realmente potrebbe ricevere un massimo di quaranta anni di prigione, ottenendo un importante sconto della pena rispetto a quel che erano le previsioni in principio. La sua, però, non è stata l’unica confessione. Già a novembre, infatti, uno degli altri quattro agenti, Desmond Mills, aveva già ammesso la propria colpevolezza, ‘barattandola’ con un cambio di riduzione della pena. Se fosse stato condannato, avrebbe rischiato l’ergastolo e avrebbe accettato una pena detentiva di almeno quindici anni, come hanno riferito i media americani in questi giorni.