Scienza: secondo alcuni ricercatori italiani, nei denti dei preistorici si nasconderebbero segreti dell’evoluzione umana, ma è davvero così?
La storia dell’umanità è scritta non solo nei libri ma anche nei resti fossili che i nostri antenati hanno lasciato dietro di sé. Un recente studio, condotto da un team internazionale con il contributo dell’Università di Ferrara, ha aperto una nuova finestra sul passato remoto, rivelando come l’analisi dei denti preistorici possa offrire risposte a domande fondamentali sull’evoluzione umana.
Per anni, gli archeologi hanno cercato di comprendere come i cambiamenti climatici abbiano influenzato la sopravvivenza e la distribuzione delle popolazioni cacciatori-raccoglitori del Paleolitico. Tuttavia, la scarsità e la cattiva conservazione dei fossili hanno reso difficile ottenere risposte chiare. L’introduzione di un metodo basato sull’analisi morfologica dei denti cambia radicalmente questo scenario, permettendo agli scienziati di esaminare in dettaglio le minime variazioni nella forma dei denti per ricostruire eventi demografici complessi.
I denti sono tra i tessuti più duri e meglio conservati nei resti umani preistorici. Analizzando 450 individui vissuti tra 47.000 e 7.000 anni fa in Europa, gli studiosi hanno potuto tracciare movimenti migratori, adattamenti ambientali ed eventuale estinzione delle popolazioni grazie alle informazioni genetiche insite nelle piccole variazioni della struttura dentale.
Il cuore pulsante della ricerca è Pheno-ABC, un algoritmo di machine learning sviluppato dall’Università di Ferrara che analizza enormi quantità di dati morfologici dentali per identificare pattern nascosti indicativi delle relazioni genealogiche tra individui. Questo approccio ha permesso ai ricercatori di utilizzare il più grande volume d’informazione mai disponibile sui fossili umani dell’Era Glaciale europea per ricostruire le dinamiche demografiche preistoriche. Lo studio ha evidenziato come durante il Medio Pleniglaciale (47.000-28.000 anni fa) le popolazioni europee fossero geneticamente interconnesse grazie ai paesaggi stepposi che facilitavano gli spostamenti. Tuttavia, con l’avvento del Tardo Pleniglaciale (28.000-14.700 anni fa) e l’intensificarsi del freddo glaciale, queste connessioni si interruppero portando a una drastica riduzione delle popolazioni e alla perdita della diversità genetica.
L’avanzamento delle calotte glaciali costrinse le popolazioni a rifugiarsi in aree con condizioni ambientali più favorevoli nel sud dell’Europa; successivamente al riscaldamento post-glaciale queste aree furono ricolonizzate mentre riprendeva la migrazione tra regioni precedentemente isolate. Questo studio dimostra l’enorme potenzialità dell’utilizzo della morfologia dentale combinata all’intelligenza artificiale nell’esplorazione della nostra storia evolutiva; fornendo nuove prospettive sulla comprensione delle origini delle diverse popolazioni umane e sui processori che hanno plasmato la nostra diversità genetica attraverso millenni.