Un’inchiesta che provoca un terremoto in curva, in un calcio fatto di intimidazioni e violenze. Cosa sta succedendo nel mondo ultras?
Una scena di vita quotidiana: due uomini, amici da tempo, giocano a calcetto. Entrambi grandi tifosi dell’Inter – tanto da vestirne i colori anche durante quella partitella – organizzano un piccolo match di inizio settembre. Un derby “in piccolo” tra supporter nerazzurri e rossoneri, immortalato anche da alcune foto postate su Instagram.
Abbracci, sorrisi, volti distesi: quei due uomini sono Antonio Bellocco, erede designato di una delle più note cosche ‘ndranghetiste della piana di Gioia Tauro, e Andrea Beretta, capo ultrà della curva nord. Entrambi si incontreranno anche il giorno dopo, all’interno di una Smart in sosta nel parcheggio di una palestra di Cernusco sul Naviglio – hinterland milanese – molto frequentata dagli ultras interisti. Il quadretto della sera prima sparisce d’improvviso, squarciato da uno sparo. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, Bellocco esplode alcuni colpi verso Beretta.
Quest’ultimo viene ferito a una gamba ma, al contempo, riesce a trovare la lucidità di estrarre un coltello e colpire a morte Bellocco. Una dinamica piuttosto strana, considerata anche l’amicizia che legava i due. Un delitto che fa pensare, secondo le modalità, a una lite improvvisa. Legata, con tutta probabilità, agli affari che girano intorno al tifo organizzato di Milano.
Non passa nemmeno un mese. È l’alba del 30 settembre: un maxi-blitz del reparto mobile e della Sisco (Sezione investigativa del servizio centrale operativo) di Milano, su mandato della Dda, porta all’arresto di 18 esponenti del tifo organizzato milanese. La retata è bipartisan: a ricevere un’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono sia ultras del Milan che dell’Inter.
Per questi ultimi c’è l’aggravante di aver favorito la ‘ndrangheta negli affari illeciti che gravitano intorno e dentro al Meazza e su cui la procura antimafia sta indagando: estorsioni sulla vendita dei biglietti per le partite di entrambe le squadre; un “pizzo” mensile imposto sui parcheggi intorno allo stadio nonché sulla vendita di cibo e bevande sugli spalti. Per non parlare di lesioni, risse aggravate e tutto il corredo di violenza di cui a breve parleremo.
Il “sistema” creato dagli ultras implicati nelle indagini è stato alimentato da “un patto di non belligeranza tra le curve per massimizzare il profitto, le attività erano condotte solo per acquisirne un vantaggio economico. L’interesse per il club era solo di facciata.” A parlare è il procuratore di Milano, Marcello Viola. Un orbitare di interessi economici che va ben oltre il tifo, come spiega anche il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo
“Credo che l’assuefazione alla violenza e all’intimidazione che caratterizza gli stadi italiani sia sotto gli occhi di tutti. Le società devono avere l’interesse a dotarsi di modelli organizzativi capaci di prevenire il rischio di agevolazione delle attività criminali.” Negli stadi italiani, insomma (non certo solo a Milano) si è ormai totalmente assuefatti alla violenza. In molti, soprattutto in occasione di determinati match cosiddetti “ad alto rischio”, la danno per scontata.
D’altro canto, basta spostarsi di poco, sia nel tempo che nei luoghi: il 25 settembre, cinque giorni prima del blitz di Milano, si tiene il derby di Coppa Italia tra Genoa e Sampdoria. Una partita attesissima dai tifosi di entrambe le compagini, che però viene rovinata dalla guerriglia andata in scena prima, durante e dopo il match. In tutto: 48 le persone ferite, di cui ben 36 tra le forze dell’ordine.
Il giorno dopo, a Napoli, durante la partita con il Palermo, i tifosi rivali si prendono letteralmente a colpi di petardi e bombe carta da un settore dello stadio all’altro. La situazione, in poche parole, sembra essere sfuggita di mano. L’intervento, secondo il segretario generale del SAP, Stefano Paoloni, dovrebbe anzitutto normativo.
“Il Ddl Sicurezza dev’essere approvato anche al Senato nel più breve tempo possibile – spiega Paoloni, raggiunto da Notizie.com – oggi chi aggredisce un esponente delle forze dell’ordine non passa nemmeno una notte in carcere. Capita anche che escano dai nostri uffici prima ancora di aver compilato i verbali. Questo Ddl contiene un inasprimento delle pene per chi usa violenza a un pubblico ufficiale e, soprattutto, delle aggravanti per chi procura lesioni gravi. Oggi, nella migliore delle ipotesi, abbiamo una denuncia a piede libero e una sanzione amministrativa piuttosto lieve. C’è un diffuso senso di impunità.”
Il maxi-blitz di Milano ha però scoperchiato (per l’ennesima volta) il vaso di Pandora che lega alcune frange delle tifoserie al crimine organizzato. Come sottolinea lo stesso procuratore Melillo, violenza e intimidazioni – spesso con l’aggravante mafiosa – vanno di pari passo. Un “ecosistema” dove, spesso, le società sono parte lesa. Quasi soccombente. Basta pensare alle intercettazioni pubblicate oggi, relative all’indagine della Dda a Milano, sugli ultras interisti che danno “consigli” all’allenatore dell’Inter Simone Inzaghi su come schierare la formazione.
“Dovrebbero essere presi provvedimenti sia dalle società che dal sistema di gestione complessivo dell’evento sportivo – continua Paoloni – ormai nessuno può più lavarsene le mani. Solo con l’intolleranza nei confronti della violenza potremo avere uno sport sereno. A volte si tratta persino di ignavia e indifferenza: non può essere il mero interesse economico a prevalere nei confronti della pacifica convivenza e dello sport.”
Alle parole di Paoloni risponde, implicitamente, l’Ad della Lega Calcio, a poche ore dal blitz di Milano: “Gli stadi vanno resi dei luoghi aperti in cui si possa andare tranquillamente con le famiglie. Il nostro obiettivo è quello che le famiglie tornino negli stadi. Questo presuppone una presa di responsabilità da parte del mondo del calcio. Vanno anzitutto ristrutturati gli stadi, come successo ad esempio a Bergamo. Dall’altro lato le forze dell’ordine devono fare un lavoro attento per individuare ed eliminare quelle frange di tifo violento, come già successo in Inghilterra.”
Intanto, sul versante politico, Fratelli d’Italia – tramite il senatore Paolo Marcheschi – annuncia che “si è insediato il comitato ristretto sulla riforma del calcio.” L’obiettivo, fra gli altri, è quello di “investire in stadi e infrastrutture sportive”. Di modo da aumentare anche il grado di sicurezza di chi vuole assistere a una partita dagli spalti. Una “riforma”, così come definita dal senatore in quota Pd Francesco Verducci, della Commissione Cultura e Sport del Senato, per la quale “il calcio deve tornare ad avere una funzione sociale. Va messa al centro la priorità di ragazzi e ragazze di tornare a giocare a calcio. Il tema della partecipazione giovanile è fondamentale nell’ottica di una completa rifondazione.” Un lavoro che, considerate le ultime notizie di cronaca, si preannuncia denso di sfide.