Operatori umanitari bersaglio nei territori di guerra. La denuncia dei volontari e l’appello all’Onu della Croce Rossa.
Dal Sudan alla Palestina, passando per il Libano e l’Ucraina: negli ultimi anni i bisogni umanitari sono cresciuti a dismisura in tutto il mondo. I conflitti in corso, l’escalation di violenza e i disastri naturali hanno reso necessario l’intervento nei territori ma spesso chi è lì per aiutare diventa vittima di rappresaglie e attacchi mirati.
L’ultimo caso risale a pochi giorni fa in Libano, dove sono stati uccisi due operatori umanitari dell’UNHCR, l’agenzia Onu per i rifugiati. Rosario Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana, ha lanciato un appello affinché questo non accada più.
“L’umanità paga un prezzo troppo alto: sono violate tanto le norme a tutela degli operatori umanitari che quelle che dovrebbero garantire la protezione della popolazione civile”, ha dichiarato nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. Le “strutture sanitarie, gli operatori umanitari e i volontari non sono un bersaglio”.
Solo nei primi sei mesi del 2024 sono stati lanciati nuovi piani di emergenza in Bangladesh, Burundi, Zimbawa e Zambia. I bisogni umanitari sono talmente numerosi che ci si è trovati a dover scegliere chi includere negli appelli. Questo è accaduto a causa dei finanziamenti insufficienti, ma anche in seguito agli attacchi alle infrastrutture e agli operatori umanitari.
Fino al momento in cui scriviamo, il numero delle rappresaglie contro dipendenti e volontari delle organizzazioni sono 393. Di questi, 370 hanno visto vittime operatori locali e 30 la Croce Rossa Italiana, i cui uomini e donne hanno perso la vita negli ultimi nove mesi durante attacchi alla popolazione civile. Altri hanno subito minacce, sono rimasti gravemente feriti oppure rapiti.
Gli operatori umanitari in Palestina e Sudan hanno subito l’80% degli attacchi totali
Nell’ambito dell’incontro Building a better world together: the future of humanitarian action a New York, Rosario Valastro ha lanciato un appello affinché L’Onu intervenga perché questo non accada più. “Quest’anno gli operatori umanitari in Palestina e Sudan hanno subito l’80% degli attacchi totali”.
Quest’anno si sono verificati attacchi mortali nei confronti dei volontari anche nella Repubblica Democratica del Congo e la Croce Rossa non è l’unica organizzazione ad aver lanciato un appello in questo senso.
Anche Medici senza Frontiere nei mesi scorsi ha denunciato che proprio come la popolazione civile, anche il personale umanitario è diventato un bersaglio a Gaza. Nei primi giorni di aprile durante un attacco israeliano sono stati uccisi sette collaboratori di World Central Kitchen, che stavano consegnando alimenti sulla Striscia di Gaza.
“Serve una posizione ancora più netta”, ha dichiarato il presidente della Croce Rossa Italiana, riferendosi al fatto che gli operatori umanitari dovrebbero essere messi nella condizione di proteggere i civili. “Evitiamo che il diritto internazionale umanitario venga messo in un cassetto, che sia annichilito da tanta violenza”.
Difendere chi parte nei territori di guerra per aiutare è importante: “Non tutelarli, non metterli nelle condizioni di intervenire al meglio, vuol dire mettere in dubbio il diritto alla vita di milioni di persone in tutto il mondo. La distruzione di scuole e ospedali, le ambulanze attaccate: tutto ciò non è possibile”.
La situazione in Libano e l’impegno di ActionAid
ActionAid nelle ultime ore ha chiesto alla Comunità internazionale di fare pressione per un cessate il fuoco immediato e fine delle ostilità in Libano. Qui i bisogni umanitari hanno raggiunto livelli senza precedenti dopo una notte di intensi attacchi a Beirut. Molte persone sono state costrette ad evacuare le loro case.
“Nelle ultime 24 ore abbiamo visto il periodo più difficile e terrificante da quando è iniziata questa escalation di attacchi”. A parlare è Sabine Abiaad, coordinatrice regionale delle campagne di Action Aid che vive a Beirut con la famiglia. “Il bombardamento di Israele è durato tutta la notte, lasciando i nostri figli, le famiglie e i nostri cari in uno stato di stress estremo e panico”.
Le esigenze sul campo si fanno sempre più urgenti: “Gli ospedali sono sotto pressione e lottano per far fronte al crescente numero di feriti. Le scuole sono state convertite in rifugi, ma non c’è spazio sufficiente per far fronte al crescente numero di famiglie sfollate”.
Decine di migliaia di rifugiati siriani che hanno cercato sicurezza in Libano, “si vedono negare aiuto”, spiega Abiaad. “Molti sono costretti a dormire per le strade o attraversare i confini per tornare in Siria”. I giovani della rete Global Platform di ActionAid di Tripoli, in Libano, sono impegnati nel supporto degli sfollati che cercano rifugio in città. “Stanno aiutando a distribuire beni essenziali come materassi, coperte e acqua. Stanno anche lavorando per pulire e riparare i rifugi, rendendoli più adatti ad accogliere le famiglie sfollate”.