Se fino a qualche anno fa si pensava che il numero dei centenari sarebbe aumentato, la scienza dimostra che la realtà è ben diversa.
Negli ultimi trent’anni, il sogno di vivere oltre i cento anni sembra sfumare sempre più. Uno studio condotto dall’Università dell’Illinois a Chicago e pubblicato sulla rivista Nature Aging ha evidenziato come, nonostante i rapidi progressi nel campo della medicina e della sanità pubblica, l’aumento dell’aspettativa di vita nelle popolazioni più longeve del mondo abbia subito un notevole rallentamento. Dal 1990 ad oggi, l’incremento medio è stato soltanto di 6,5 anni. Questa tendenza suggerisce che potremmo essere vicini a raggiungere un limite massimo per la durata della vita umana.
Il team guidato da Jay Olshansky ha esaminato dati provenienti dai nove Paesi con la più alta aspettativa di vita attuale, tra cui Italia, Australia, Francia, Giappone e altri. I risultati hanno mostrato un marcato rallentamento nell’aumento dell’aspettativa di vita soprattutto dal 2010 in poi. Le probabilità per i bambini nati negli ultimi anni di raggiungere il secolo di vita sono relativamente basse: 5,3% per le femmine e solo 1,8% per i maschi. Tra questi paesi spicca Hong Kong dove le probabilità aumentano rispettivamente al 12,8% per le donne e al 4,4% per gli uomini.
Il cambio di prospettiva sulla longevità: meglio qualità che quantità
L’esito dello studio sfida l’idea prevalente fino ad ora che vedeva l’orizzonte della longevità naturale ancora da esplorare davanti a noi; secondo Olshansky e il suo team questo orizzonte si trova invece alle nostre spalle. La ricerca suggerisce che anziché concentrarsi sul semplice estendere la durata della vita umana è necessario focalizzarsi su come garantire che questi anni aggiuntivi siano vissuti in buona salute. L’obiettivo dovrebbe quindi spostarsi verso il rallentamento del processo d’invecchiamento stesso piuttosto che sul tentativo illusorio di superare limiti biologici forse già raggiunti.
Gli autori dello studio pongono l’enfasi sulla distinzione tra vivere più a lungo e vivere bene: estendere ulteriormente l’aspettativa di vita senza una corrispondente garanzia che questi anni aggiuntivi siano vissuti in salute potrebbe non essere desiderabile né vantaggioso. La ricerca moderna dovrebbe quindi indirizzare maggiormente le sue risorse verso lo sviluppo delle conoscenze necessarie a migliorare la qualità degli anni vissuti piuttosto che concentrarsi esclusivamente sull’aumentarne il numero.
Lo studio condotto dall’Università dell’Illinois apre nuove riflessioni sul futuro delle politiche sanitarie globali e sulle direzioni future della ricerca medica: meno enfasi sull’allungamento meccanico della durata della vita umana e maggiore attenzione alla promozione del benessere fisico ed emotivo durante gli anni guadagnati grazie ai progressi scientifici.