Il racconto del Medio Oriente è più veloce che mai: Israele spara ancora contro l’Unifil. Qual è l’obiettivo di Tel Aviv.
Verifiche in corso sul presunto terzo attacco di Israele all’Unifil. Il Ministero della Difesa lo ha “categoricamente” smentito, ma sul web stanno circolando alcune immagini di muri perimetrali della struttura presidiate dall’Italia. I muri sarebbero stati danneggiati dall’impatto con un carro armato.
Confermato invece, il secondo attacco, avvenuto nelle prime ore di questa mattina. L’Idf (le Forze Armate di Israele) ha sparato nuovamente contro la base Unifil di Naqour. Due caschi blu di nazionalità cingalese sono rimasti feriti. Uno è in gravi condizioni.
Il primo invece risale a ieri, giovedì 10 ottobre, quando l’esercito israeliano ha sparato contro le basi 1-31 e 1-32A lungo la linea di demarcazione, e il quartier generale della missione Unifil in Libano. Nell’attacco sono rimasti feriti due indonesiani.
L’esercito isrealiano ha parlato di “errore” riferendosi all’attacco di oggi ed ha espresso “profonda preoccupazione per incidenti di questo tipo”. Secondo una prima ricostruzione, pare che la postazione Unifil colpita si trovasse “a circa 50 metri dall’origine della minaccia” ed è stata colpita. L’Idf ha aperto un’indagine sull’accaduto. Ma si infittisce il dubbio: l’Onu ha parlato di “attacco deliberato”.
L’obiettivo di Israele è liberare la zona dai caschi blu per poter avanzare sempre più e riportare “i residenti del Nord nelle loro case”, come ha dichiarato il capo di stato maggiore israeliano Herzi Halevi.
“Non saremo noi che ci spostiamo perché qualcuno ci dice, con la forza, di spostarci”, ha ribadito il ministro della Difesa Guido Crosetto, riprendendo le parole di ieri in conferenza stampa. “Noi siamo lì e ci rimaniamo, con la forza del mandato delle Nazioni Unite“.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa per mercoledì 23 ottobre. All’ordine del giorno ci saranno l’evoluzione della situazione in Medio Oriente e in Ucraina e la situazione delle missioni militari italiane nella regione meridionale.
La situazione in Libano sta diventando sempre più critica e alla guerra tra Israele ed Hozbollah si aggiunge il vuoto di potere in Libano, che vive una empasse istituzionale da due anni. “Per il popolo libanese, avere un Capo dello Stato sarebbe molto importante”, ha dichiarato il segretario di Stato americano Antony Blinken.
La questione approderà lunedì sul tavolo del Consiglio degli Esteri, mentre dopo l’Italia anche la Francia ha convocato l’ambasciatore di Israele a Parigi. La premier italiana Giorgia Meloni ha avuto un colloquio telefonico con Ursula von der Leyen.
“Se Israele avesse davvero voluto colpire Unifil l’avrebbe fatto”. Il ricercatore Ispi Claudio Bertolotti ai nostri microfoni parla di “incidente”. “Quando c’è una guerra tra due parti contrapposte e c’è una terza parte, in questo caso l’Unifil, può accadere. Non sono stati attacchi deliberati contro i caschi blu”.
Tuttavia, spiega l’esperto, l’obiettivo di Israele è quello di “avere il campo di battaglia sgombro dai caschi blu”. Quindi quanto sta accadendo in Libano potrebbe rivelarsi il fattore scatenante sia “per riorganizzare l’operazione Unifil in termini di schieramento delle unità sul terreno e mettere in sicurezza il personale, sia per permettere a Israele di operare contro Hezbollah”.
“Cosa succede la prossima volta, dobbiamo rispondere?”. Il ministro Crosetto, parlando con i giornalisti ha dichiarato di aver fatto questa domanda provocatoria a Israele in queste ore, dopo gli attacchi alle basi Unifil.
Intanto ieri l’Unione delle Associazioni Italia Israele (UAII) in un comunicato ha commentato l’attacco israeliano. “Quanto accaduto in Libano sia l’occasione per rivedere la missione Unifil, e non una per criminalizzare ancora una volta Israele, che ha richiesto alle forze Onu nell’area di rimanere in spazi protetti prima di intervenire”. Così, l’associazione nella nota, chiedendo il ritiro dei militari italiani perché sono in pericolo.
“L’organizzazione terroristica di Hezbollah opera all’interno e in prossimità delle aree civili, comprese le postazioni Unifil, che di fatto sono diventate veri e propri scudi per le basi militari di Hezbollah e dei terroristi che dovrebbero disarmare. La missione Unifil in tali aree in tutti questi anni, anziché assolvere al proprio mandato di sicurezza – già costato 10 miliardi di dollari – sta solo mettendo a rischio la vita dei nostri soldati”.