Nelle scorse ore le autorità italiane hanno annunciato che presto inizieranno le attività presso i nuovi centri migranti in Albania.
“Il Protocollo d’intesa tra Italia e Albania ruota intorno al trasferimento e al trattenimento delle persone soccorse in acque internazionali dalle navi delle autorità italiane in un Paese che non fa parte dell’Ue e non è vincolato a rispettarne principi umanitari né normative”. Così, in esclusiva per Notizie.com, Davide Giacomino, advocacy di Emergency.
Nelle scorse ore, infatti, le autorità italiane hanno annunciato l’apertura a giorni dei due centri per i migranti di Shengjin e Gjader, realizzati in Albania proprio a seguito della firma del Protocollo cui ha fatto riferimento Emergency. Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’avvio delle attività già la prossima settimana: “Sono strutture di contenimento leggero. Non c’è filo spinato, c’è assistenza. Tutti possono fare richiesta di protezione internazionale”.
A supervisionare sulle operazioni, per 3 mesi, ci saranno anche delle squadre dell’Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati. Da noi contattata, l’Unhcr, ha fatto sapere che “ci si troverà difronte a qualcosa di inedito. L’Agenzia non ha partecipato all’elaborazione del Protocollo né l’ha implementato. Si tratterà di un monitoraggio completamente indipendente”. Nel corso delle attività, qualora dovessero emergere difficoltà, verranno contattate le autorità. Al termine dei 3 mesi verrà poi stilata una relazione.
“Per la sua collocazione geografica, Shengjin, il porto deputato allo sbarco dei migranti che si trova nell’Albania del nord, – ha detto Giacomino di Emergency – non dovrebbe essere considerato ‘place of safety’, luogo sicuro, per chi viene soccorso nel Mediterraneo centrale. Arrivare fin lì significa costringere i naufraghi a un viaggio più lungo del necessario”. Secondo l’associazione fondata da Gino Strada, infatti, arrivare fino in Albania significa costringere i naufraghi a un viaggio più lungo del necessario.
In questo modo si posticipa la richiesta di asilo e l’accesso a servizi essenziali, come cure mediche e supporto psicologico. I centri, però, è bene ricordarlo, sono destinati ai soli uomini adulti. Donne, bambini, anziani e persone vulnerabili saranno accolti in Italia. Inoltre i nuclei familiari sono saranno divisi. “È impraticabile l’idea di uno screening fatto in mare – ha continuato Davide Giacomino – tra persone destinate ai due centri in Albania e persone vulnerabili. Che rimarrebbero a bordo mentre tutti gli altri sbarcherebbero. E dovrebbero poi affrontare anche il viaggio verso l’Italia”.
Il primo screening, infatti, verrà eseguito sulla nave hub delle autorità italiane al largo delle coste di Lampedusa. Le persone soccorse che dovranno essere trasferite in Albania, rimarranno sulla nave fin quando non raggiungerà la capienza per poter effettuare il trasferimento. Ritardando ulteriormente l’accesso all’assistenza. Una volta arrivati al porto di Shengjin avverrà un secondo screening delle vulnerabilità.
“Per quanto riguarda il tema dei diritti umani, recentemente, una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea è intervenuta circa l’interpretazione dell’articolo della direttiva che descrive un Paese come ‘sicuro’. – ha spiegato il membro di Emergency – In Albania dovrebbero giungere infatti solamente le persone provenienti da Paesi di origine sicuri. E la sentenza sostiene che un Paese, per essere definito tale, deve considerarsi sicuro in tutto il suo territorio. Sul quale non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante”.
Secondo l’associazione indipendente, che solca il mar Mediterraneo con la nave Life Support, Paesi come Egitto, Bangladesh e Tunisia che l’Italia definisce Paesi sicuri, non possono definirsi tali in quanto alcune categorie di persone sono comunque a rischio di essere sottoposte a violazioni ai diritti umani.
“Ci troviamo dunque di fronte a un nuovo capitolo della politica di esternalizzazione delle frontiere – ha concluso Giacomino – che ha già dimostrato di essere fallimentare per la protezione dei migranti e ha incoraggiato la tratta di esseri umani e la ricerca di via illegali per entrare in Europa, rendendo le traversate più pericolose, con oltre 24mila morti nel Mediterraneo Centrale dal 2014 ad oggi, di cui oltre 1.253 solo nel 2024”.
Sulla questione dell’esternalizzazione, l’Unhcr ha puntualizzato che sulla base del Protocollo, anche se i centri sono in un altro Paese, l’Italia dovrà gestirà comunque internamente tutte le procedure, comprese le richieste dei richiedenti asilo. “Nel suo ruolo di monitoraggio l’Agenzia cercherà di migliorare la protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati – ci hanno fatto sapere dall’Unhcr – identificando e segnalando alle autorità competenti eventuali incoerenze con la legislazione internazionale sui diritti umani e sui rifugiati e con gli standard di buona pratica e sostenendo il rafforzamento delle garanzie di protezione“.