Forze dell’ordine e magistratura hanno fatto scattare l’operazione “La Croix” contro un giro di pedopornografia su Telegram.
Tutto è cominciato perché uno degli indagati svolgeva su dei gruppi ristretti il ruolo di “giustiziere”. Dopo averlo individuato le forze dell’ordine, infiltratesi sulle piattaforme web, hanno scoperto un vero e proprio giro di pedopornografia.
Il giro si sviluppava su Telegram e che sul territorio si diramava in ogni angolo del Paese, da Milano a Reggio Calabria. Coinvolti nel giro professionisti, operai, studenti, un appartenente alle forze dell’ordine ed un prete. Questa mattina è scattata quindi l’operazione chiamata in codice “La Croix”. L’attività è stata attuata dal coordinamento del servizio della polizia postale e per la sicurezza cibernetica, coordinato dalla Procura della Repubblica di Torino. All’inchiesta hanno collaborato gli uffici della postale di Roma, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari, Palermo, Catania, Bari, Venezia e Trieste.
Il bilancio complessivo è di 3 persone arrestate e 29 denunciate a piede libero. Tutte sono accusate, a vario titolo, di divulgazione e pubblicizzazione di materiale realizzato mediante sfruttamento di minori online. Come già accennato l’indagine si è concentrata sull’attività di un utente. Quest’ultimo, interessato al procacciamento di materiale pedopornografico, pubblicava su gruppi ristretti informazioni e tracce informatiche carpite nell’interazione con altre identità virtuali, di fatto svolgendo l’improbabile ruolo di “giustiziere”.
Gli altri utenti coinvolti nello scambio di materiale pedopornografico, grazie al rispetto di accorgimenti tecnici volti al mantenimento dell’anonimato, disponevano di contenuti illeciti di diversa natura. I contenuti talvolta ritraevano vere e proprie violenze sessuali, e “chattavano” con molta discrezione per sondare la reciprocità di interesse alle tematiche di abuso sessuale, utilizzando linguaggi “in codice”.
Pedopornografia su Telegram: coinvolti anche operai e studenti
I poliziotti infiltrati sono riusciti ad accreditarsi nella rete di contatti del giustiziere. Poi, una volta ottenuti i dati dei soggetti, hanno ripercorso a ritroso la cronologia delle interazioni in rete del loro contatto principale. Gli indagati hanno diversa età, condizione lavorativa, ubicazione geografica: professionisti, operai, studenti. Tra gli arrestati, residenti rispettivamente nel milanese, cagliaritano e beneventano, figurano un appartenente alle forze dell’ordine e un prelato.
Lo scambio di contenuti sarebbe stato favorito dall’evoluzione tecnologica nell’uso di piattaforme peer to peer. In pratica, ogni utente, tecnicamente fungendo da client e da server, poteva accedere al pc ed agli archivi dell’altro. Nell’indagine le perquisizioni personali, locali e sui sistemi informatici, emesse dalla Procura di Torino, hanno portato al sequestro di telefonini, tablet, hard disk, pen drive, computer e account di email e profili social. Durante le perquisizioni sono stati altresì rinvenuti gli account utilizzati dagli indagati per la richiesta del materiale pedopornografico, ed in taluni casi ingente quantitativo di materiale illecito custodito sui supporti informatici sottoposti a sequestro.