Si è tenuta questa mattina l’udienza di convalida del fermo di Daniele Rezza, il 19enne killer reo confesso del 31enne Manuel Mastrapasqua.
“Sono distrutta, non si può uccidere per rubare un paio di cuffie”. Quando è stato accoltellato a morte la notte dell’11 ottobre scorso a Rozzano, Manuel Mastrapasqua, 31enne magazziniere stava messaggiando con la sua fidanzata, Ginevra. “Se quel vocale su WhatsApp mi fosse arrivato, – ha detto la ragazza – lo avrei ascoltato morire. Continuava ad apparire ‘Sta registrando…’, ma non è mai stato inviato nulla”.
Questa mattina, presso il penitenziario di San Vittore, si è tenuta l’udienza di convalida del fermo. “Ho distrutto due famiglie“, avrebbe detto il giovane. Il gip del Tribunale di Milano Domenico Santoro ha deciso che il killer reo confesso, il 19enne Daniele Rezza, dovrà restare in carcere, convalidando il fermo e disponendo la custodia cautelare. Il giovane per un’ora e mezza ha ricostruito nel dettaglio la vicenda senza però fornire una motivazione sul perché abbia accoltellato Manuel: “All’improvviso ho pensato di rapinarlo“. Il 19enne ha spiegato di aver bevuto parecchio, nel tardo pomeriggio di venerdì.
Rezza è accusato di omicidio e rapina impropria. Inizialmente aveva pianificato di scappare all’estero in treno, si è poi rivolto ad alcuni agenti della polizia ferroviaria della stazione di Alessandria. Il giovane, difeso dall’avvocato Maurizio Ferrari (che oggi ha rinunciato al mandato per motivi personali), ha dapprima confessato tutto ai carabinieri ed alla pm Maria Letizia Mocciaro. Nel provvedimento di fermo è specificato che Rezza è uscito di casa portando con sé un coltello da cucina. Ha poi incontrato Manuel nei pressi della fermata 15 del tram di Rozzano e gli ha chiesto di dargli qualcosa.
Alla mancata risposta di Mastropasqua, Rezza gli ha strappato le cuffie, e ad un accenno di reazione, gli ha poi sferrato la coltellata al petto. “Non credevo di averlo ucciso“, ha riferito Rezza agli investigatori. L’indagato è poi andato a casa dove, come figlio unico, vive con i genitori. Ha poi confessato l’omicidio al padre, e, volendo espatriare si è recato in sua compagnia presso la stazione ferroviaria di Pieve Emanuele per prendere un treno. La sua fuga è poi terminata ad Alessandria. Rezza ha alcuni precedenti penali e solo la licenzia media.
“Non si può uccidere per rubare un paio di cuffie. – ha detto Ginevra, la fidanzata della vittima – Non si può uccidere per una reazione nel tentativo di riprendersele. Non è normale non sapere se si torna a casa vivi dopo una giornata di lavoro. Sono distrutta, Manuel era tranquillo. Sognavamo di andare ad abitare da soli. Avevamo prenotato un camping in zona San Siro, per stare insieme“.
Distrutta è anche Angela, la mamma di Manuel: “Tutti hanno pensato agli extracomunitari, invece pare sia un ragazzino 19enne italiano e il papà ha cercato di farlo scappare, gli ha lavato i pantaloni e ha cercato di farlo scappare. Avrebbe dovuto portarlo in caserma o ammazzarlo di botte lui stesso suo figlio e poi in caserma, non farlo scappare”. Ieri sera a Rozzano, Comune alle porte di Milano, si è tenuta una fiaccolata in memoria di Manuel. “Giustizia per Manuel“, hanno gridato i 400 partecipanti, nel silenzio, stringendo tra le mani candele e lumini. Gli amici hanno anche organizzato una raccolta fondi online per la famiglia giunta ad oltre 8mila euro in poche ore.
Intanto nelle ultime ore una serie di minacce via web sarebbero arrivate su alcuni profili social della famiglia di Rezza. I carabinieri, che indagano sul caso, hanno attivato una vigilanza dinamica, che consiste in una attenzione particolare su una persona o un obiettivo con frequenti passaggi di pattuglie.