Sedici migranti stanno per arrivare in Albania. L’accordo Roma-Tirana servirà a prevenire le partenze illegali? Cosa cambia da oggi.
I primi sedici migranti sono in viaggio verso l’Albania, nei centri per migranti allestiti a Shengjin e Gjader. Si tratta di sedici bengalesi ed egiziani e sono stati intercettati la notte scorsa dalla Guardia Costiera italiana mentre, a bordo di barchini, erano diretti in Italia.
Il loro arrivo in Albania è previsto per domani, mercoledì 15 ottobre, a bordo della Libra della Marina Militare. Il progetto, frutto dell’accordo tra Roma e Tirana, è partito con cinque mesi di ritardo rispetto alla tabella di marcia e punta a gestire fuori dall’Italia le richieste di asilo dei migranti, per snellire il flusso migratorio sulle coste della penisola.
Resta da capire se le procedure accelerate di frontiera saranno approvate dai magistrati italiani. E la tematica dovrà essere affrontata anche in Europa. Attualmente infatti, la legge europea non permette il rimpatrio dei migranti nei Paesi terzi. Una portavoce della Commissione europea questa mattina ha spiegato che “per rendere possibile un simile modello, la legge Ue deve regolamentare il rimpatrio forzato in un Paese terzo, che non sia il Paese di origine”.
Il patto Roma-Tirana rappresenta un unicum in Europa ed è visto di buon grado anche dal premier del Regno Unito, laburista, Keir Starmer. “L’esternalizzazione in un Paese sicuro come l’Albania, gestito da italiani con leggi italiane, è una cosa giusta e può essere fatta, a patto che non costi uno sproposito e che sia efficace anche per numeri più sostanziosi di accoglienze”. L’esperto della rivista Limes Matteo Giusti, ai nostri microfoni pone l’accento sul numero limitato di migranti che potranno essere ospitati nei centri in Albania.
Cosa staranno pensando ora i trafficanti? E cosa cambia nei Paesi di partenza?
Tuttavia, aggiunge, “mi piacerebbe che queste cose siano realizzate in maniera scevra da bandiere politiche. Edi Rama è un importante socialista europeo, ha stravinto in Albania e l’ha portata molto avanti. L’Italia ha un governo di centrodestra e lavora con Edi Rama e Starmer, laburista, è interessato al progetto. Sarebbe il caso, quindi, di pensare al di là delle bandiere politiche, ma in Italia è impossibile”.
Cosa cambia adesso nella geopolitica dei flussi migratori? Quali saranno le conseguenze nei Paesi di partenza? Cosa staranno pensando i trafficanti delle rotte illegali? “Per loro non cambia molto. Il loro obiettivo è gestire i flussi migratori attraverso corridoi prestabiliti. L’Albania è un progetto italiano, quindi riguarda solo il Mediterraneo centrale”, spiega Giusti a Notizie.com.
Dai dati Frontex emerge che la rotta in questione ha subito una diminuzione dopo gli accordi con Libia e Tunisia, ma i migranti non hanno smesso di partire. Al contrario, i flussi migratori si sono sposati verso il corridoio atlantico. Quello dal Marocco alla Spagna è aumentato del 20% e nelle Canarie del 200%.
“Per i trafficanti non cambierà assolutamente nulla, tranne che un po’ di marketing. Comincerà a girare la voce che non potranno più garantire l’arrivo in Italia, quindi in Europa, perché c’è il rischio di finire in Albania, e complicare così il viaggio di chi vuole arrivare in Nord Europa, Francia o Germania”.
C’è chi parte per scappare dalle sofferenze e chi invece, per trovare un lavoro. Per i migranti economici, la rotta dell’Albania potrebbe comportare qualche diminuzione, anche se minima. Chi vuole arrivare in Europa alla ricerca di un lavoro infatti, potrebbe tirarsi indietro.
SOS Humanity: “Cancellare l’accordo, viola i diritti umanitari”
Intanto le associazioni temono per il rispetto del diritto umanitario all’interno dei centri in Albania. Tra loro, SOS Humanity, attraverso la voce di Mirka Schäfer, esperta politica. “L’accordo Italia-Albania viola il diritto marittimo internazionale e rischia di erodere ulteriormente i diritti fondamentali dei rifugiati. L’Italia trattiene di fatto le persone in cerca di protezione in territorio albanese senza un esame giudiziario, il che è profondamente disumano e viola i loro diritti fondamentali”.
SOS Humanity chiede di cancellare e alla preoccupazione per il rispetto dei diritti dei migranti si associano il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Amnesty International, Human Right Watch e l’agenzia Onu per i rifugiati Unhcr.
“Dal punto di vista di un’organizzazione di ricerca e soccorso, è molto problematico che l’accordo comporti ritardi nello sbarco delle persone soccorse in mare”, aggiunge Schäfer. “L’accordo viola l’obbligo internazionale di sbarcare i sopravvissuti nel luogo sicuro più vicino. Il porto albanese di Shengjin dista circa 1000 chilometri dell’area di salvataggio, il che significa vari giorni di transito in più rispetto a uno sbarco a Lampedusa o in Sicilia”.
L’accordo lede il diritto umanitario? “La gestione dei centri è italiana”, dichiara Matteo Giusti di Limes. “L’Albania dà solo un luogo fisico e i migranti e i centri sono gestiti e garantiti dalla legge italiana, nel pieno delle regole internazionali. E non hanno nulla a che vedere con i centri di tortura libici, dove si viene stuprati, uccisi, massacrati. Snellire la burocrazia potrebbe ledere qualche diritto? Questa è materia per giuristi. Snellire la burocrazia non è mai un male, ma vanno garantiti i diritti di tutti”.
Migranti, poche ore all’arrivo in Albania: come funzionano i centri di Shengjin e Gjader
I centri destinati ad ospitare i migranti sono due e si trovano a Shengjin e Gjader. Il primo è un hotspot di 200 posti, nel quale verranno espletate le procedure accelerate per l’identificazione. Queste potranno essere applicate solo ai maschi adulti non vulnerabili, provenienti da Paesi considerati “sicuri”. Chi ha i requisiti richiesti, verrà trasferito nel secondo centro, a Gjader (ex sito dell’Aeronautica albanese), che è allestito per l’accoglienza. I posti disponibili sono 880.
C’è anche un Cpr di 144 posti per chi attende di essere espulso e un penitenziario di 20 posti destinato a chi compie reati all’interno dell’area. Il sito è recintato, dotato di telecamere e controllato dalle forze dell’ordine italiane. Entrambi i centri sono sotto la giurisdizione di Roma e all’interno è presente l’Unhcr a garanzia del rispetto dei diritti umani.
A partire dalla domanda d’asilo, la procedura verrà espletata in quattro settimane. Chi ha diritto verrà portato in Italia, chi non ce l’ha sarà rimpatriato dopo la permanenza nel Cpr. Anche i tempi per i ricorsi sono stati dimezzati a 7 giorni.