Non si contano più in Italia i casi di femminicidi in cui l’uomo si toglie la vita o prova a suicidarsi: gli ultimi episodi nelle scorse ore.
Il 16 ottobre scorso Giovanni Salamone ha assassinato a coltellate la moglie Patrizia Russo, probabilmente mentre dormiva a letto a Solero, in provincia di Alessandria. Ieri l’uomo ha tentato il suicidio in carcere, annodando un lenzuolo per farne un cappio.
Il 18 ottobre Mario Furio, nonostante avesse il divieto di avvicinamento ed il braccialetto elettronico, ha atteso la moglie Celeste Palmieri all’esterno di un supermercato e le ha sparato. Subito dopo ha rivolto la pistola contro sé stesso, uccidendosi.
Sono solo gli ultimi due casi di femminicidio-suicidio o tentato suicidio. Nel solo 2024 in Italia il numero di casi di tale fattispecie non si contano più. Ad inizio anno a Valfloriana, in Trentino, Igor Moser ha ucciso la compagna con la quale si stava separando accoltellandola alla gola. Poi si è impiccato. La Procura di Rimini sta invece indagando sul caso della coppia di Santarcangelo di Romagna morta in auto nel Po, a Castelmaggiore il 7 luglio. L’ipotesi di omicidio-suicidio è anche in questo caso la più accreditata per Stefano Del Re e Lorena Vezzosi, coniugi separati.
“È un disegno che si ripete. Un fil rouge che accompagna i nostri giorni. Il problema di base è che vediamo degli atti gravissimi, incomprensibili, legati ad un suicidio successivo. Una sorta di presa di coscienza, pur avendo una grossa mancanza di responsabilità. Si è fatto un danno e si scappa dalle conseguenze. C’è un concetto di de-responsabilizzazione importante”. A parlare è Flavia Munafò, sociologa, direttrice dello sportello di ascolto e prevenzione Socio Donna a Roma.
Il 20 maggio a Riccò del Golfo, non lontano da La Spezia, il tunisino Hichem Ben Fattoum ha ucciso Saida Hammouda a coltellate, e con la stessa arma si è tolto la vita. L’uomo era indagato per maltrattamenti, gli era stato imposto il divieto di avvicinamento alla donna e prescritto il braccialetto elettronico, non ancora consegnato. Il 19 agosto a Collegno Anna Lupo ha perso la vita per mano del marito Francesco Longhitano. Quest’ultimo le ha sparato in piazza prima di colpirsi ed uccidersi a sua volta.
“Questi terribili episodi – ha continuato Munafò – ricordano in maniera distorta il concetto di ‘scegliere di non scegliere’ del filosofo Soren Kierkegaard. Il suicidio è una sorta di scelta di non scegliere, ovvero di non porsi difronte alle conseguenze. Ci troviamo difronte ad atti drammatici e forse ancor più gravi. Non per un sentimento di vendetta, ma per mancanza di giustizia”.
Il 10 settembre a Fraticciola Selvatica, una frazione di Perugia, Enrico Soccia ha ammazzato a colpi di fucile la moglie Maristella Paffarini e la figlia Elisa. Pochi secondi dopo i delitti ha rivolto l’arma contro sé stesso. Il 30 settembre a Carignano un uomo ha colpito a martellate la moglie nel sonno, poi si è gettato nel vuoto dal terzo piano. “Il dato che trovo allarmante – ha spiegato la sociologa Munafò – è che in tutti questi casi c’è un substrato di denunce fatte, di persone che sapevano. Ma se tutte queste persone che sapevano, perché non hanno aiutato? La maggior parte delle donne tra di loro non si aiutano. Eppure, se io so che una mia conoscente sta subendo violenza, io aiuto, apro una rete, mi informo”.
Nel caso di San Severo, nel Foggiano, Celeste aveva denunciato quanto le stava accadendo e si era rivolta ai Servizi sociali del Comune. Rifiutando poi però di trasferirsi in un luogo sicuro. “Qui però i Servizi sociali hanno funzionato. – ha affermato Munafò – Pur essendoci una scarsa conoscenza del loro funzionamento, i Servizi sociali sono nati per aiutare e sono composti da persone competenti. Quando ci si rivolge a questi Uffici già si è fatto un grosso step. Se si è proposto un allontanamento probabilmente ci si è resi conto che la situazione è grave”.
In un contesto di de-responsabilizzazione, dal punto di vista sociologico, è evoluta anche la vicenda giudiziaria di Alessandro Impagnatiello, l’ex barman che il 27 maggio 2023 a Senago, nel Milanese, ha ucciso con 37 coltellate la fidanzata incinta di 7 mesi Giulia Tramontano. Nelle scorse ore è stata depositata una perizia psichiatrica che ha giudicato il giovane ossessivo e narcisista, ma anche perfettamente capace di intendere e di volere. “In tutto questo orrore è tempo che sia fatta giustizia e la giustizia in questi casi è una pena esemplare”, ha commentato Loredana Femiano, la madre di Giulia.
De-responsabilizzazione, il caso di Alessandro Impagnatiello
“Da un punto di vista tecnico – ha concluso la sociologa – non possiamo che essere grati a chi si è speso per un caso del genere, nella completa mancanza di empatia e di senso di colpa. Immagino quanto possa essere difficile analizzare dei fatti gravissimi compiuti da persone che sembrano delle macchine. Ciò che non mi sconvolge è l’atteggiamento di Impagnatiello. Al di là dell’aspetto clinico, da un punto di vista sociologico c’è un problema legato alla società. C’è questa grande volontà di proiettarsi in una realtà scritta solo da lui”.
Impagnatiello, insomma, sarebbe “il protagonista nel racconto di sé stesso. Se andiamo a guardare il movente, il crollo della sua doppia vita, c’è un senso di de-responsabilizzazione e di scollamento dalla realtà enorme. Non possiamo chiudere gli occhi difronte al fallimento del tessuto sociale”.