Tra governo e toghe è in atto uno scontro durissimo che dura da giorni: oggi è scoppiato il caso del magistrato Marco Patarnello.
Uno scontro senza fine, una suddivisione dei poteri così netta e così travisata. In queste ore sta andando in scena l’ennesimo scontro tra politica e magistratura. Nello specifico, da un lato c’è il governo della premier Giorgia Meloni ed i suoi esponenti della maggioranza. Dall’altro ci sono giudici, sentenze e l’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, che sta facendo quadrato.
Ma c’è anche una mail “interna” scritta e diffusa ai colleghi dal sostituto procuratore di Cassazione Marco Patarnello che afferma, tra le altre cose, che “Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte”.
Sopra tutto c’è, o ci dovrebbe essere, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha affermato, invitando al dialogo: “Vi sono dei momenti nella vita di ogni istituzione in cui non è possibile limitarsi ad affermare la propria visione delle cose, approfondendo solchi e contrapposizioni, ma occorre saper esercitare capacità di mediazione e di sintesi”.
Tutto è cominciato nelle scorse ore, quando i giudici del Tribunale di Roma hanno di fatto “bocciato” il trasferimento dei migranti presso i nuovi centri italiani in Albania. Il clima si è incendiato da subito, ed ha ripreso via via vigore con il procedimento in corso a Palermo che vedo imputato il vicepremier Matteo Salvini, per il quale più volte la Lega ha urlato al “processo politico”. Senza dimenticare la questione dell’elezione dei giudici costituzionali vacanti su cui da settimane è in atto uno scontro tra maggioranza e opposizione.
“Se un pezzo di magistratura agisce mosso da finalità politiche? – ha detto questa mattina il presidente del Senato Ignazio La Russa – Può darsi che ci siano singoli casi, ma non sono la regola. Penso piuttosto che alcuni magistrati vogliano affermare la propria visione della società e della politica attraverso la giurisdizione. Nei casi grigi a volte si intende affermare la propria visione del mondo”.
Nelle stesse ore in cui le parole di La Russa facevano discutere, è deflagrato il caso di Patarnello, barese classe ’62, esponente di Magistratura democratica (Md), approdato in Cassazione nel 2023 Il 19 ottobre il magistrato ha inviato una mail ai colleghi nella piattaforma dell’Anm. Una lettera diventata caso politico e rilanciata, in parte, dalla premier Giorgia Meloni attraverso i social.
“Indubbiamente l’attacco alla giurisdizione non è mai stato così forte – si legge nella mail – forse neppure ai tempi di Silvio Berlusconi. In ogni caso oggi è un attacco molto più pericoloso e insidioso per molte ragioni. Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte. E rende anche molto più pericolosa la sua azione, avendo come obiettivo la riscrittura dell’intera giurisdizione e non semplicemente un salvacondotto a magistratura è molto più divisa e debole rispetto ad allora. A questo dobbiamo assolutamente porre rimedio”.
Mail di Marco Patarnello, Matteo Salvini: “Non merita di stare al suo posto”
Secondo il vicepremier Salvini “Patarnello non merita di stare al suo posto, se c’è qualcuno scambia il Tribunale per un centro sociale e per un luogo di vendetta politica ha sbagliato mestiere“. L’Anm ha però affermato di non essere contro il governo. “Sarebbe assurdo – ha spiegato il presidente Giuseppe Santalucia – pensare che l’ordine giudiziario, un’istituzione del Paese, sia contro un’istituzione del Paese quale è il potere politico. Non è lo scontro istituzionale quello a cui tendiamo, tendiamo a difendere l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario“.
Nel dibattito ci è finita anche l’annosa questione della separazione delle carriere, tanto da costringere il segretario generale dell’Anm Salvatore Casciaro, ad intervenire. “Abbiamo sottolineato con forza – ha detto Casciaro – come il disegno di legge governativo di riforma della giustizia si ponga in conflitto con i principi dello stato di diritto dell’Unione europea. Un Csm frammentato, depauperato nelle sue essenziali competenze, come la disciplina, indebolito da un meccanismo di selezione dei componenti mediante sorteggio non sarà più in grado di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura dalla politica”.