Nei giorni scorsi a Napoli si è consumato l’omicidio di Emanuele Tufano, un ragazzo di appena 15 anni: indagini serrate da parte della polizia.
“Per ripulirci la coscienza diciamo: le famiglie non sono all’altezza, si disinteressano. Ma per salvare questi ragazzi dobbiamo salvare prima le loro famiglie”. A parlare in esclusiva per Notizie.com è il parroco anticamorra don Tonino Palmese, teologo, garante dei diritti dei detenuti di Napoli.
Palmese è anche il presidente della Fondazione Polis, che si occupa di Politiche integrate di sicurezza per le vittime innocenti della criminalità e i beni confiscati. Tre notti fa a Napoli è stato ucciso Emanuele Tufano, un ragazzo di 15 anni. È accaduto in una stradina del centro, probabilmente al culmine di uno scontro tra bande di ragazzini di diversi quartieri. Bande armate di giovanissimi, alcuni poco più che bambini, che si fanno la guerra in piena notte, che marcano il territorio. Che magari si sfidano sui social e che sono immersi in una spirale di ostentazione e di violenza senza fine.
“In queste ore tutti ci stiamo chiedendo perché Emanuele Tufano è stato ucciso, cosa ha determinato tale uccisione e com’è possibile essere uccisi a 15 anni. – ha detto don Tonino – Siamo portati a ricondurre tutto alla camorra. Ma se è vero che tutto è camorra, niente è camorra. Emanuele era incensurato, e al di là di quelle che possono essere le motivazioni, che verranno affrontate dal punto di vista criminologico, sta di fatto che alle 2 di notte un ragazzo è stato rincorso per essere ucciso”.
Due ragazzi di 15 e di 17 anni sarebbero coinvolti nella sparatoria e per questo sono indagati a piede libero. Sono stati ascoltati per lungo tempo dagli uomini della squadra mobile, che stanno conducendo le indagini in maniera serrata, coordinati dai magistrati di due Procure, quella dei Minorenni e della Direzione distrettuale antimafia. I due avrebbero ammesso di aver partecipato allo scontro a fuoco, dovendosi difendere dal gruppo rivale.
“Ci dobbiamo chiedere perché esiste un fenomeno così dilagante di violenza e come mai in questi anni tra i giovani tutti c’è questa fase violenta così esasperata. – ha continuato il presidente della Fondazione Polis – Il tema della violenza giovanile non è riconducibile semplicemente ad una regione o ad uno stato di condizione familiare: è il Paese, l’Occidente, forse è il mondo intero che sta affrontando questa piaga”.
Ieri il governatore Vincenzo De Luca ha parlato di “investimenti enormi per le giovani generazioni”: scuola, trasporti, voucher, famiglie. Poi, la necessità di potenziare la videosorveglianza: “Un piano massiccio per avere il controllo di tutte le principali strade e i principali quartieri”. È d’accordo il procuratore di Napoli Nicola Gratteri: “Se ci sono più soldi mettiamo più telecamere, più telecamere abbiamo e meglio è, più reati riusciamo a scoprire”.
“La mia esperienza nelle carceri mi fa assistere ad un fenomeno di totale cambiamento. – ha continuato don Tonino Palmese – Vent’anni fa quando entravi nel carcere minorile ti accorgevi che, trattando i ragazzi in maniera autentica come adulto, determinavi un incontro che andava oltre le apparenze,. Ne scaturiva un progetto che, una volta realizzato, permetteva ad adulti e giovani di gioire assieme. Oggi l’incontro è segnato dal clima di violenza, dalla violenza che permea la mente di questi ragazzi”.
Secondo Palmese l’incontro con i ragazzi in carcere è cambiato e c’è bisogno di altro. “Necessitiamo di saperi, esperienze, progetti. Basta il lavoro? No. La cultura? No. – ha concluso il parroco – Dobbiamo sostenere le famiglie di questi ragazzi. Il grande escamotage per pulirci la coscienza è dire: le famiglie non sono all’altezza, non si sono interessate. Ma la vera emergenza è genitoriale e familiare. Per salvare i ragazzi dobbiamo salvare le loro famiglie: incontrarle, sostenerle, accompagnarle”.