Gruppo hacker di Milano, l’ombra di criminalità organizzata e servizi segreti: il documento dell’Aisi sulla Jihad

Sabato scorso la Procura di Milano ha effettuato un’operazione contro una banda di hacker dedica allo spionaggio e al dossieraggio.

La banda di hacker sgominata a Milano nelle scorse ore aveva anche contatti con mafie e servizi segreti, pure stranieri. Ne sono convinti pm e forze dell’ordine che stanno continuando ad approfondire le indagini sul gruppo accusato di spionaggio e dossieraggio anche nei confronti di politici, tra cui il capo dello Stato Sergio Mattarella ed il presidente del Senato Ignazio La Russa.

L’ex superpoliziotto Carmine Gallo e l’hacker Nunzio Samuele Calamucci
Carmine Gallo e Nunzio Samuele Calamucci (ANSA FOTO) – Notizie.com

Sabato scorso sono scattate 6 misure cateulari ma sono 60 gli indagati in totale, tutti accusati a vario titolo di associazione a delinquere, accesso abusivo a sistema informatico e intercettazioni illegali. Tra di essi appartenenti ed ex appartenenti alle forze dell’ordine, consulenti informatici ed hacker. Per il momento, come puntualizzato anche dai pm in conferenza stampa, alla banda non è stata contestata l’aggravante mafiosa.

Un’ipotesi, però, che potrebbe diventare molto concreta. Gli approfondimenti si stanno concentrando su due figure in particolare coinvolte nell’inchiesta. Ovvero sull’hacker Nunzio Samuele Calamucci e sull’ex superpoliziotto Carmine Gallo, a capo della Equalize. Quest’ultima è la società alla quale i clienti si rivolgevano per ottenere informazioni e dossier elaborati sulla base di informazioni riservatissime.

Il gruppo, infatti, riusciva a “bucare” banche dati di estrema importanza per la sicurezza nazionale. Come lo Sdi a disposizione delle forze di polizia, per “esfiltrare” informazioni poi rivendute a caro prezzo. Gli investigatori hanno calcolato che i presunti incassi per i servizi di dossieraggio sarebbero pari ad oltre 3 milioni di euro in tre anni, tra il 2022 ed il 2024. Oltre 800mila i dati recuperati illegalmente.

La magistratura, nei casi di dossieraggio, deve andare fino in fondo, – ha commentato la premier Giorgia Meloni – perché nella migliore delle ipotesi, alla base di questo lavoro c’era un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione. Nessuno Stato di diritto può tollerare una cosa del genere“.

Come si diceva, l’attenzione ora è volta a chiarire i contatti degli indagati con mafie e servizi segreti. Secondo i magistrati milanesi Gallo avrebbe contatti con la criminalità organizzata. “Si tratta di un soggetto – ha scritto negli atti la Direzione Distrettale Antimafia (Dda) di Milano – che, per come emerge dalle indagini, ha le ‘mani in pasta’ ovunque e intrattiene rapporti con diverse personalità di rilievo, oltreché con diversi soggetti pregiudicati, anche per associazione mafiosa. È una persona spregiudicata e senza scrupoli“.

Non è tutto. La presunta associazione per delinquere godrebbe “di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri. Gli indagati spesso promettono e si vantano di poter intervenire su indagini e processi”. In un’intercettazione, infatti, Calamucci dice: “Noi abbiamo la fortuna di avere clienti top in Italia. I nostri clienti importanti. Contatti tra i servizi deviati e i servizi segreti seri ce li abbiamo, di quelli lì ti puoi fidare un po’ di meno, però, li sentiamo”.

Banda di hacker: il documento dell’Aisi, il servizio segreto italiano interno

Inquirenti ed investigatori a questo punto sono chiamati anche a verificare dove sono andati a finire i dati. Il sospetto è che i dossier illegali possano essere in mano anche “di agenzie straniere. E che all’estero possa essere creata e detenuta una banca dati destinata a conservare le informazioni”. Tra i documenti recuperati dai carabinieri al lavoro sul caso ci sarebbe anche un atto riconducibile all’Aisi, il servizio segreto italiano interno. Si tratta di un documento classificato “riservato” e risalente al 2008-2009 sulle “reti del Jihad globale“.

Una delle immagini negli atti dell'inchiesta sugli hacker di Milano
L’attenzione ora è volta a chiarire i contatti degli indagati con mafie e servizi segreti (ANSA FOTO) – Notizie.com

Non si può non parlare di mafie poiché questa accumulazione è da sempre nel Dna di tutte le mafie operanti nel mondo. – ha detto l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli – Agiscono su livelli più sofisticati rispetto al passato. Le piste da seguire (come diceva Falcone) sono sempre legate al denaro, ma siamo ormai di fronte ad organizzazioni che esprimono una ‘governance’ multilivello o più ‘governance’ multilivello che dispiegano un’azione coordinata in risposta alle esigenze delle diverse organizzazioni criminali, sempre più interessate a sviluppare affari in collaborazione che non a combattersi”.

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