Eredità, per legge il padre può dare tutto alla nuova compagna e non al figlio?

Cosa accade in caso di morte del convivente e cosa dice la legge in materia di eredità? Tutto quello che bisogna sapere.

Quando si parla di eredità sono molti i dubbi che possono sorgere. Fra questi quello legato alla parte che spetterebbe al partner convivente e come e se vi sono delle specifiche tutele della legge, considerato che non vi sia rapporto di parentela.

Testamento
Eredità, per legge il padre può dare tutto alla nuova compagna e non al figlio? (Notizie.com)

Per capire, dunque, cosa è possibile fare per tutelare il convivente e cosa accade alla morte di un partner convivente, bisogna analizzare quanto dispone la legge in merito. La prima cosa da sapere è che i conviventi, contrariamente a quanto accade per le coppie sposate, non sono eredi l’uno dell’altro.

Eredità, cosa accade in caso di morte del convivente: tutto quello che c’è da sapere

Come abbiamo già accennato, secondo la legge, quando si parla di coppie di fatto, i conviventi non sono eredi l’uno dell’altro. Questo, dunque, determinerà una particolare situazione alla morte del partner in termini di eredità.

Coppia
Eredità, cosa accade in caso di morte del convivente: tutto quello che c’è da sapere (Notizie.com)

Per le coppie sposate, è prevista una quota minima dell’eredità che spetta al coniuge, mentre questo non vale per i conviventi. È proprio questa la ragione per cui molte coppie decidono di sposarsi anche in tarda età. Come è possibile, dunque, tutelare il partner? Nominando quest’ultimo all’interno del testamento dichiarandolo erede, ma anche se il soggetto decidesse di attribuire il 100% dei propri beni al convivente, la parte legittima rimarrà riservata agli eredi definiti, appunto, “legittimari”, come ad esempio i figli. Questo accade anche senza testamento. Per fare un esempio, se una persona, che ha avuto un figlio da un precedente matrimonio, convive con un nuovo partner, dopo il divorzio, la quota spettante a quest’ultimo al momento della morte del convivente è quella definita “disponibile”. Ossia la parte dell’eredità che rimane una volta sottratta quella “legittima”. Nell’esempio appena accennato, all’ex moglie/marito, se è in vita, spetta 1/3, al figlio 1/3 e al convivente la “quota disponibile” pari ad 1/3. Se l’ex coniuge non dovesse essere in vita, l’eredità sarà suddivisa 1/2 al figlio e 1/2 al convivente.

Per quanto riguarda l’abitazione, al momento della morte del partner, il convivente non ha il diritto di rimanere nella casa di proprietà del de cuius, contrariamente a quanto accade per le coppie sposate. Al decesso del proprietario, a meno che non sia registrata la convivenza in Comune, il convivente dovrà lasciare l’immobile. Se è stata effettuata la registrazione, si ha, invece, il diritto a rimanere all’interno dell’abitazione per un periodo di due anni o pari alla convivenza, se questa ha superato i 24 mesi, per un massimo di 5 anni.

Se si vuole tutelare il partner si potrebbe scegliere di intestare l’appartamento anche a quest’ultimo, così da renderlo comproprietario, o concedergli il diritto di usufrutto a titolo gratuito.

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