In Germania e Belgio chiudono gli stabilimenti, l’Ue impone dazi, l’elettrico è sotto accusa: il settore auto in Europa è sull’orlo della crisi.
Non soffia un buon vento per il settore auto in Europa, anzi. La tempesta sembra essere pronta a scoppiare. Ne erano a conoscenza, con ogni probabilità, analisti ed esperti di mercato. Adesso, però, la crisi sembra essere approdata definitivamente anche sui tavoli politici ed istituzionali.
L’Italia è alle prese con la questione Stellantis. Dopo l’intervento dell’ad Carlos Tavares l’11 ottobre scorso alla X Commissione parlamentare, oggi era atteso il presidente John Elkann, che ha però di fatto disertato, scatenando le polemiche politiche. Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, su indicazione del ministro Adolfo Urso, ha quindi convocato il tavolo Stellantis per giovedì 14 novembre a Palazzo Piacentini.
In Germania, invece, l’emergenza è praticamente deflagrata. Volkswagen ha annunciato la chiusura di tre impianti in Germania ed il taglio degli stipendi del 10%. A febbraio 2025 poi, chiuderà anche lo stabilimento di Bruxelles dell’Audi: la filiale produce auto elettriche, i Suv Q8 e-tron. I sindacati sono già sul piede di guerra. Per fare il punto della situazione e comprendere da dove arrivano i venti della crisi, abbiamo sentito il direttore generale dell’Unrae (Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri) Andrea Cardinali.
“Non è un buon momento, non ci sono dubbi. – ha detto Cardinali in esclusiva a Notizie.com – C’è un allineamento di fattori che concorrono a creare un momento estremamente critico. E non è un cosa imprevista. Già dall’anno scorso i numeri ci dicevano che il mercato europeo era abbondantemente al di sotto dei livelli pre-Covid. Eravamo su un livello di mercato difficilmente sostenibile per la struttura dimensionale dell’organizzazione produttiva europea”.
Secondo il direttore generale, insomma, “la ripresa non c’è. Il fattore scatenante è da ricercare nel mercato cinese. Tutti i media si stanno concentrando sull’elettrico, come fosse la causa di tutti i mali. La vera causa scatenante è l’espulsione sostanziale dei costruttori occidentali, in particolare europei, dal mercato cinese, che ha rappresentato la gallina dalle uova d’oro per decenni. I conti economici si sono retti per anni sui profitti fatti in Cina con le joint venture”.
Nelle scorse ore, intanto, l’Unione europea, nel tentativo di proteggere il suo settore auto ed i suoi 14 milioni di lavoratori, ha dato il via a nuovi dazi nei confronti della Cina. Le sovrattasse raggiungeranno la quota del 45% e saranno in vigore da domani 31 ottobre. Sempre l’Europa, però, ha imposto il divieto di vendita per le nuove auto a benzina e diesel dal 2035. Ovvero, dal 2035 tutte le nuove auto e i veicoli leggeri venduti nell’Ue non dovranno produrre emissioni di Co2.
“I costruttori cinesi, una volta imparato il mestiere, hanno deciso di passare al contrattacco. Dopo aver fatto della Cina il più grande mercato al mondo, hanno deciso di farne anche il più grande esportatore. – ha continuato Cardinali – L’obiettivo si è concretizzato alla fine dello scorso anno, quando Pechino ha superato il Giappone. Il mercato cinese si è quindi convertito, sterzando bruscamente, verso l’elettrico, anche perché l’economia è governata in maniera inflessibile dalle direttive centrali. E i produttori occidentali non sono risultati competitivi su questa tecnologia”.
“La loro quota di mercato è quindi scesa in maniera vertiginosa sul mercato interno cinese. – ha spiegato il manager dell’Unrae – E dunque, perché non si vende l’auto elettrica? Non è questo il problema. In precedenza l’elettrico era additato come responsabile di una imminente macelleria sociale per un motivo diametralmente opposto a ciò di cui stiamo parlando. Siccome il power train dell’auto elettrica è molto ridotto rispetto all’endotermico, si pensava che ciò avrebbe causato una crisi occupazionale senza precedenti. Ma questo sarebbe accaduto se avesse preso piede l’auto elettrica. Ora, invece, la preoccupazione è che l’elettrico non vende. Ma delle due l’una”.
I segnali allarmanti di chiusure e vertenze in giro per l’Europa, Italia compresa, riguardano politiche rigide e sussidi ed incentivi volatili. La crisi della domanda ha fatto il resto, rendendo l’industria automobilistica europea fragile ed instabile. Nel nostro Paese il settore è sulle barricate anche per il taglio da 4,6 miliardi di euro deciso in manovra per il Fondo Automotive. I sindacati Cgil e Uil, proprio sulla manovra, hanno proclamato uno sciopero generale.
“Sull’elettrico c’è chi ha capito e chi no. – ha concluso Andrea Cardinali – Nuovi operatori hanno fatto le proprie fortune partendo da zero, ed è pur vero che non avevano eredità pesanti da smaltire. Hanno avuto cash flow negativi per diversi anni e adesso sono profittevoli, anche grazie alla Cina. Purtroppo il mercato è assolutamente piatto, il terzo trimestre è stato al di sotto delle nostre previsioni. L’ottimismo è calato. E per i prossimi anni non vediamo nemmeno il ritorno alle soglie precedenti”. La bufera sta arrivando.