La bellezza di 2,6 milioni di dollari per una pizza: l’incredibile storia dell’imprenditore che ha battuto ogni genere di record.
Parafrasando il claim di uno spot pubblicitario abbastanza famoso, potremmo affermare senza timore di smentite: “Che mondo sarebbe senza la pizza?“. Il mondo della cucina è variegato e ricco di sapori, ricette e idee che possono conquistare o disgustare a seconda dei gusti personali, ma ci sono alcuni piatti, alcune pietanze che mettono d’accordo tutti e tra queste c’è indubbiamente la pizza.
Nata nel Regno delle Due Sicilie, più precisamente a Napoli, per omaggiare la Regina Margherita, questa pasta circolare composta da farina, lievito e acqua è un piatto “povero” che nel corso del tempo ha subito delle modifiche, delle evoluzioni, e che adesso è diventato un must in ogni parte del mondo.
La pizza è talmente internazionale che in ogni parte del mondo esiste una scuola, una ricetta diversa che rende il sapore e la consistenza differente, che permette di gustare qualcosa di diverso seppur familiare. Per i gourmet della pizza non importa la provenienza e nemmeno le ragioni campanilistiche, non c’è un primato storico da difendere ma solo la voglia di gustarla e provarne quante più varianti possibile.
In un certo senso oggi la pizza viene vista un po’ come i vini, si fa il giro per le varie pizzerie d’Italia per poter provare quanti più impasti e quanti più accostamenti di sapori possibile. Tale tendenza viene ovviamente sfruttata dai produttori e dagli imprenditori, i quali sono consapevoli di poter guadagnare massimizzando il profitto.
L’aristocratizzazione della pizza è ormai evidente in ogni parte del mondo. Da Verona è giunta l’idea di creare le “Pizze Gourmet” con accostamenti di ingredienti particolari e di pregio che portano ad un altro livello l’esperienza gustativa e che fanno lievitare il prezzo medio.
Il secondo passo verso la “nobiltà” è giunto quando è stato innalzato il vessillo dell’originalità: da qualche anno a questa parte sono spuntate come i funghi le pizzerie che si fregiano del titolo di “Pizzeria Napoletana”, presentando l’impasto classico come qualcosa di esclusivo e pregiato che va venduto ovviamente ad un prezzo più elevato.
Il terzo è stato quello della riscoperta della tradizione mediterranea, con la selezione di elementi nostrani a chilometro zero e di produzione locale- come se venissero importati dall’Arabia – che costano il triplo di quelli importanti e anche di quelli italiani ma appartenenti ad una filiera meccanizzata.
Tutto questo ha portato ad una stratificazione dell’offerta, con pizzerie che pur rispettando i dettami classici mantengono prezzi normali e altre che brandiscono la tradizione come vessillo di qualità che hanno prezzi da ristoranti stellati. Il simbolo di questa speculazione è il Crazy Pizza, i cui prezzi hanno fatto discutere a lungo.
A permettere simili esagerazioni è la legge di mercato, finché la pizza rimarrà uno dei piatti preferiti al mondo il suo valore continuerà a lievitare come la sua pasta prima di essere messa in forno. L’amore per la pizza è tale da aver permesso ad un imprenditore del web di ottenere una plusvalenza senza senso.
L’uomo aveva acquistato anni fa il dominio “Pizza.com” a soli 20 euro e adesso lo ha rivenduto alla cifra strabiliante di 2,6 milioni di dollari, il tutto senza nemmeno produrre una pizza…Miracoli del capitalismo.