Giulio Regeni, la testimonianza da brividi in Aula: “Era sfinito dalla tortura”. Il ricordo della sorella: “Il mio fratellone”

Processo Giulio Regeni, una testimonianza in Aula sugli ultimi giorni di vita. E il ricordo della sorella Irene: “Giuly era entusiasta di andare in Egitto”.

Una testimonianza da brividi, trasmessa oggi, martedì 19 novembre, davanti alla Prima Corte di Assise di Roma, nell’ambito del processo sulla morte di Giulio Regeni, che vede imputati quattro agenti egiziani.

Una foto di Giulio Regeni
Giulio Regeni, la testimonianza da brividi in Aula: “Era sfinito dalla tortura”. Il ricordo della sorella: “Il mio fratellone” (Ansa Foto) – notizie.com

Un racconto drammatico degli ultimi giorni di vita del ricercatore, quando era detenuto nel carcere di sicurezza de Il Cairo. Il video girato per un documentario e mandato in onda su Al Jazeera, è stato trasmesso nel corso dell’udienza e ritrae il racconto di un testimone palestinese, detenuto nella stessa struttura dove venne portato Giulio Regeni.

Il testimone ha raccontato di aver visto il ricercatore il 28 e il 29 gennaio 2016, pochi giorni dopo la sua sparizione. “L’ho visto entrare nel corridoio, era a circa cinque metri da me. Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, gli occhi bendati e accompagnato da due guardie carcerarie. Gli interrogatori duravano ore. L’ho rivisto dopo, era sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella”. 

Scosse elettriche e torture con la corrente a Giulio Regeni

Parole che confermano la tortura subita dal giovane. “Non era nudo, indossava degli abiti, dei pantaloni scuri e una maglietta bianca”. Il testimone non ha mai parlato con Giulio, ma è a conoscenza di cosa gli dicevano le guardie: “Insistevano molto con la domanda “Giulio, dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio?”. Erano nervosi, usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente”. 

Agli interrogatori avrebbero assistito gli investigatori, ufficiali e il colonnello Ahmad, specializzato in psicologia. Avrebbe partecipato anche il colonnello Tareq. Il testimone ha raccontato di non aver visto sul corpo di Giulio segni di tortura, che invece ha riscontrato su un altro detenuto.

Claudio e Paola Regeni, genitori di Giulio, in Aula
Scosse elettriche e torture con la corrente a Giulio Regeni (Ansa Foto) – notizie.com

Nella testimonianza choc sono emerse anche le condizioni disumane del carcere: “Eravamo in isolamento totale, le celle erano molto strette, fredde, umide e maleodoranti. Nel periodo dell’interrogatorio non si riceveva cibo e nel periodo successivo, quello della reclusione, le pietanze venivano servite, ma il cibo era scadente”. 

Isolamento, detenzione senza regole. Il testimone palestinese racconta di essere stato liberato “senza un perché”. Oggi è stato anche il giorno del racconto di Irene, la sorella di Giulio Regeni, che visibilmente commossa ha ricordato i giorni del sequestro e del ritrovamento del corpo.

Irene, sorella di Giulio Regeni: “Mia mamma mi disse: gli hanno fatto tanto male”

Ricordo una telefonata di mia madre, mi disse: “Hanno fatto tanto male a Giulio”. La parola tortura però, l’ho sentita per la prima volta al telegiornale”. Oggi Irene ha 32 anni e ricorda il fratello come un “ragazzo normalissimo, gli piaceva divertirsi, era un esempio per me. Il fratellone che mi dava consigli”. E che amava conoscere culture diverse, specie quella egiziana: “Era entusiasta di andare lì, era contento per la ricerca sul campo”.

L’udienza, e in particolare la testimonianza choc dell’ex detenuto palestinese, ha scatenato le opposizioni: “Sono davvero curioso di sapere da Tajani, Piantedosi e Meloni se sono ancora convinti che l’Egitto sia un Paese sicuro. E se sono ancora orgogliosi di fare affari e intrattenere rapporti amichevoli con gli uomini di quel regime”. Così, sui social, Nicola Fratoianni di Avs.

La prossima udienza del processo Regeni è prevista il prossimo 3 dicembre. In quell’occasione verrà ascoltato il giornalista di Al Jazeera che ha realizzato l’intervista all’ex detenuto palestinese.

Gestione cookie