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Cronaca

Inchiesta ultras, l’ex capo della curva nord dell’Inter Andrea Beretta (oggi pentito) aveva un arsenale da guerra: i dettagli

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Francesco Ferrigno

Perché un capo ultras aveva nella propria disponibilità un arsenale da guerra? Nuova svolta nelle indagini sulle tifoserie milanesi.

Granate, pistole, kalashnikov, bombe a mano, mitragliette, proiettili e giubbotti antiproiettile. Un arsenale da guerra quello che, secondo le autorità, era nella disponibilità di Andrea Beretta, ex capo della curva nord dell’Inter, e di un altro ultras a lui vicino. Quest’ultimo, arrestato oggi, è Cristian Ferrario di 50 anni, dipendente del negozio della curva nord dell’Inter We are Milano riconducibile all’ex capo ultrà Andrea Beretta.

Inchiesta ultras, l’ex capo della curva nord dell’Inter Andrea Beretta (oggi pentito) aveva un arsenale da guerra: i dettagli (ANSA FOTO) – Notizie.com

Gli uomini della squadra mobile di Milano hanno individuato il capannone nell’ambito degli approfondimenti a seguito delle recenti inchieste. E dei controlli continui sul mondo ultras del capoluogo lombardo. Gli investigatori della squadra mobile, coordinati dai pm Paolo Storari e Sara Ombra, hanno fatto irruzione in un garage a Cambiago, a pochi chilometri a est di Milano. L’arsenale era conservato in un magazzino poco distante dalla casa di Beretta e nella disponibilità della persona arrestata e portata al carcere di San Vittore.

Beretta è stato arrestato invece il 4 settembre scorso per l’omicidio di Antonio Bellocco, anch’egli ai vertici della curva interista. Il 30 settembre scorso poi, è nei suoi confronti è stata eseguita una nuova misura cautelare. È scattata infatti un’operazione a seguito dell’inchiesta Doppia Curva incentrata sui traffici illeciti degli ultras dell’Inter e del Milan. In quella occasione sono state arrestate 19 persone accusate a vario titolo di associazione a delinquere ed estorsione. Nelle carte dell’indagine anche i retroscena che avrebbero portato all’uccisione di Bellocco, esponente del potente clan calabrese dei Bellocco.

Nei giorni scorsi Andrea Beretta si è “pentito”

Circa 10 giorni fa Beretta ha deciso di collaborare con la giustizia. Ha aderito al programma di protezione ed è stato trasferito in località protetta, con ogni probabilità per evitare ritorsioni da parte del clan Bellocco. Nei giorni scorsi i nuovi capi della curva hanno realizzato uno striscione recante la scritta: “La tua infamità non appartiene alla nostra mentalità“, riferendosi proprio alla decisione dell’ex leader della tifoseria di collaborare con i magistrati. Non è escluso che le forze dell’ordine siano giunte all’arsenale proprio a seguito di rivelazioni dello stesso Beretta.

Stando a quanto emerso, Bellocco avrebbe voluto estromettere Beretta dagli affari della curva nerazzurra ed in particolare dalla gestione del merchandising. Gli inquirenti hanno ricostruito che Beretta, dapprima minacciato a luglio da due emissari della cosca, sarebbe scampato a più agguati nei suoi confronti. Anche grazie a rivelazioni da parte delle persone incaricate. Il piano di Bellocco era quello di drogare Beretta con un sonnifero, ucciderlo a colpi di pistola e sotterrarlo.

Il deposito di armi riconducibile a Beretta apre nuovi scenari investigativi

L’obiettivo era appropriarsi del brand We are Milano. Invece, la mattina del 4 settembre, davanti ad una palestra a Cernusco sul Naviglio, Andrea Beretta è salito nella macchina di Bellocco uccidendolo con 11 fendenti. Il deposito di armi riconducibile a Beretta, a questo punto, aprirebbe nuovi scenari investigativi. Perché il capo di una tifoseria di una squadra di calcio aveva a disposizione tante armi? È una domanda alla quale stanno cercando di rispondere in queste ore gli uomini della squadra mobile di Milano e la Procura della Repubblica del capoluogo.

Il deposito di armi riconducibile a Beretta apre nuovi scenari investigativi (ANSA FOTO) – Notizie.com

Un deposito di armi in tutto e per tutto simile a quelli che periodicamente vengono rinvenuti dalle autorità nella disponibilità di potenti organizzazioni criminali. Nell’ambito dell’inchiesta Doppia Curva, secondo magistrati e forze dell’ordine, l’associazione a delinquere riconducibile ai vertici della curva nord dell’Inter si finanziava attraverso la vendita di biglietti, bevande, magliette e gadget a prezzi maggiorati. Inoltre fornivano protezione ad imprenditori che richiedevano servizi di guardiania fuori dallo stadio San Siro, gestivano i parcheggi e permettevano gli ingressi illegali nella struttura.

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Francesco Ferrigno