Anni di segreti: il dossier sul caso Orlandi esiste. “Dov’era fino a oggi?”. Cosa potrebbe contenere il documento riservato del Vaticano.
Il dossier di cui la famiglia di Emanuela Orlandi aveva chiesto conto nel 2017, esiste. Ma si è venuto a sapere soltanto oggi, dopo che il Promotore di giustizia del Vaticano Alessandro Diddi lo ha reso noto durante la presentazione del libro di Maria Antonella Calabro, Il Trono e l’Altare.
“Abbiamo trovato il dossier. Ne parla molto Pietro Orlandi. Il contenuto è riservato”, ha dichiarato Diddi. Stando alle prime indiscrezioni non conterrebbe un’indagine, ma una ricostruzione storica dei fatti. Si tratterebbe della stessa documentazione di cui il fratello di Emanuela Orlandi era stato informato da Paolo Gabriele e per il quale si era rivolto al Vaticano nel 2017, prima dell’apertura dell’inchiesta, nel 2023.
Forse è lo stesso di cui monsignor Sergio Pagano e padre Georg avevano negato l’esistenza. E di cui si parla anche in alcune chat finite nelle mani di Pietro nel 2014. “Deve sparire, non si può distruggere il Vaticano”, si leggeva nello scambio tra Francesca Immacolata Chaouqui e il cardinale Angel Vallejo Balda.
Sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori sono in corso tre indagini. Una della Procura romana, una del Vaticano e una della Commissione bicamerale di inchiesta del Parlamento. All’istituzione di quest’ultima, il 14 marzo di quest’anno, si era opposto proprio Diddi, titolare dell’inchiesta aperta in Vaticano, chiedendo più tempo per indagare.
Emanuela Orlandi, l’avvocata: “Dov’era questo fascicolo?”
“È lecito chiedersi: chi ha custodito questo fascicolo fino ad ora, visto che in più occasioni è stato riferito pubblicamente dalle autorità vaticane che non esisteva alcun fascicolo e che quello di Emanuela Orlandi era “un caso chiuso”?”. La domanda arriva dall’avvocata di Pietro Orlandi Laura Sgrò, che da anni accompagna il fratello di Emanuela nel viaggio verso la verità sulla scomparsa della giovane con la passione per la musica, di cui si sono perse le tracce il 22 giugno 1983.
L’esistenza del dossier dimostra che il Vaticano ha svolto qualche attività in merito al rapimento della ragazza. Ma “non le ha mai condivise con la famiglia Orlandi né con la Procura di Roma”, aggiunge Sgrò. Neppure quando nel 2012 era in corso la seconda inchiesta sulla vicenda: “I magistrati avrebbero potuto, in un’ottica di leale collaborazione, giovarsi delle risultanze vaticane”.
A questi microfoni, nei mesi scorsi Pietro Orlandi si è detto speranzoso che entro quest’anno qualcosa verrà fuori sulle sorti della sorella: “Sono in corso tre inchieste. Se non esce qualcosa anche stavolta vuol dire che c’è proprio la volontà di non far uscire la verità”.
Orlandi non crede che il dossier sia stato trovato solo adesso. “Facciamo finta di credere che l’abbiano trovato ora e che non stava già in Segreteria di Stato dal 2012, ma va bene”, dichiara sui social. E teme che ne sia stato modificato il contenuto: “L’importante è che ora hanno ammesso di averlo, anche se dicono che il contenuto è riservato… e naturalmente speriamo non modificato”.
Da una ricostruzione storica a segreti celati: cosa può contenere il dossier
Intanto procedono spediti i lavori della Bicamerale. La scorsa settimana i parlamentari hanno audito l’ex comandante della Gendarmeria Domenico Giani, che ha affermato di aver compiuto “un’attività informativa” quando comandava la polizia vaticana” che poi ha consegnato all’ufficio del Promotore. La documentazione riguarderebbe una ricostruzione storica degli eventi, come ha dichiarato durante l’audizione in Commissione.
L’informativa di Giani potrebbe essere inclusa nel dossier. Ma per visionare il fascicolo, la Bicamerale dovrà ottenere una rogatoria. “C’è una sovranità che va rispettata, ci sono delle regole”, ha dichiarato Diddi. “Se la Commissione ritiene di dover acquisire la documentazione del nostro fascicolo, si muova secondo i canali istituzionali”.
Il dossier potrebbe contenere informazioni importanti sulla pista inglese, secondo la quale Emanuela Orlandi sarebbe stata rapita, portata in Sardegna e poi a Londra. Lo spostamento all’epoca era facile: il traffico aereo non era tracciato con le medesime tecnologie di oggi.
A questa tesi è collegato anche Enrico De Pedis della banda della Magliana: si pensa che possa essere stato lui a procurare a Emanuela un passaporto falso. Questa è l’ipotesi maggiormente perseguibile anche secondo Pietro Orlandi, ma non è mai stata confermata.
Nel corso degli anni si è parlato anche di un ipotetico soggiorno della ragazza a Londra, nell’ostello degli scalabriniani, a spese del Vaticano. E di una gravidanza. Nel dossier, come già scritto, potrebbe esserci anche la ricostruzione storica citata da Giani, contenente colloqui informativi con i testimoni. Tra loro, anche padre Miserachs, insegnante della scuola di musica di Emanuela, uno degli ultimi a vederla. Alla Bicamerale ha raccontato di essere stato interrogato in Vaticano nel 2012.