Maxi operazione contro la ‘ndrangheta dell’Antimafia di Brescia: tra gli arrestati una suora e due ex esponenti delle istituzioni del territorio.
“Se ti serve qualcosa dentro, è uno dei nostri”. Parlavano così di lei gli ndranghetisti. “È a disposizione del sodalizio per garantire il collegamento con i sodali detenuti in carcere”, scrivono invece gli inquirenti.
Accuse gravissime quelle nei confronti di suor Anna Donelli. La religiosa, considerata il collegamento tra l’esterno e gli uomini della cosca in carcere, deve rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa ed è attualmente agli arresti domiciliari. C’è anche il suo nome tra i 25 coinvolti nell’inchiesta della Procura della Repubblica di Brescia contro un presunto gruppo criminale legato alla ‘ndrangheta.
Tra gli arrestati anche l’ex consigliere comunale di Brescia in quota Fratelli d’Italia Giovanni Acri, e Mauro Galeazzi, ex esponente della Lega nel Comune di Castel Mella. Galeazzi, in particolare, si sarebbe rivolto ai vertici della cosca per ottenere voti in cambio di appalti pubblici. Acri, invece, si sarebbe messo a disposizione del gruppo ‘ndranghetista nella veste di medico quale è “anche in occasione di ferimenti degli appartenenti al sodalizio e dei loro complici durante l’esecuzione di reati“. I coinvolti nell’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Brescia avrebbero favorito la cosca calabrese Tripodi.
Il blitz è infatti il risultato di una complessa indagine, avviata nel settembre 2020, sull’associazione a delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte, non lontano da Reggio Calabria, ma residente da anni nel Bresciano e legata da rapporti federativi alla cosca Alvaro, egemone nella zona aspromontana compresa tra i Comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte.
Due le ordinanze eseguite da un lato da polizia di stato e guardia di finanza, dall’altro dai carabinieri. Il maxi blitz è andato in scena a Brescia, Milano, Reggio Calabria, Como, Lecco, Varese, Viterbo e in Spagna. Sequestrati disponibilità finanziarie e beni per oltre 1,8 milioni di euro. Tutti gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetista operativa nel bresciano e dedita alla commissione di estorsioni, traffico di armi e droga.
La suora, posta ai domiciliari, come già accennato sarebbe stata “a disposizione del sodalizio per garantire il collegamento con i sodali detenuti in carcere”. Agli atti dell’inchiesta il rapporto tra l’affiliato in carcere Vincenzo Iaria e suor Anna Donelli. Maria avrebbe mantenuto rapporti con la cosca “ricevendo e trasmettendo ambasciate per il tramite della religiosa”. Ruolo ufficiale della suora era quello di assistente spirituale nelle case circondariali e di reclusione.
Attraverso quest’opera avrebbe concorso nelle attività dell’associazione mafiosa mettendosi in modo continuativo a disposizione degli esponenti anche apicali, come Stefano Terzo e Francesco Tripodi. La religiosa, secondo gli investigatori, avrebbe “più volte, avrebbe svolto il ruolo di intermediario, tra gli associati e soggetti in detenzione, approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie”.
Nell’inchiesta anche la volontà dei Tripodi di “far evolvere le proprie dinamiche economiche, assumendo tutte le caratteristiche delle moderne organizzazioni criminali che operano nel nord Italia, abbinando ai reati di tipo tradizionale, anche delitti di natura economico-finanziaria”. Un fenomeno che Notizie.com ha investigato con un approfondimento pubblicato ieri.
Sarebbero state quindi promosse diverse imprese “cartiere” e “filtro”, operanti nel settore del commercio di rottami. Nel periodo delle indagini, avrebbero emesso nei confronti di imprenditori compiacenti fatture per operazioni inesistenti per circa 12 milioni di euro. Lo scopo era beneficiare dell’abbattimento del reddito nonché di riciclare il denaro frutto dei reati perpetrati.