La fine di un’era. Il regime di Bashar al-Assad è caduto dopo 24 anni di potere, sotto i colpi di una guerra civile.
La scorsa notte i ribelli siriani hanno preso il controllo di Damasco, cade il regime di Bashar al-Assad. Secondo Al Jazeera sarebbe fuggito dal Paese, ma c’è chi dice che sia rimasto in Siria in attesa di andarsene. Il primo ministro è in stato di arresto, ma pronto a collaborare con i ribelli.
Secondo alcuni Bashar al-Assad è già salito su un aereo per lasciare la Siria, verso la base aerea russa di Hmeimim, con l’intenzione di andare a Mosca o una destinazione sconosciuta. Lo avrebbe fatto nel cuore della notte, intorno alla mezzanotte tra ieri, sabato 7 e domenica 8 dicembre, decretando così la fine del regime, proprio nel momento in cui i ribelli affermavano di essere entrati nella capitale. Ma alcuni video diffusi sui social, mostrano il personale e la sicurezza mentre lasciano i loro posti, in un aeroporto completamente nel caos.
L’ultimo volo decollato da Damasco prima che i ribelli siriani prendessero la capitale, è un Illyushin76 con numero di volo Syrian Air 9218, il cui trasponder è risultato spento poco dopo il decollo sulla città di Homs, controllata dai ribelli.
Secondo altre versioni, l’ormai ex capo del regime, sarebbe nascosto in qualche fossa, in attesa del momento giusto per fuggire in Russia. Quando i ribelli hanno di fatto preso il potere, non hanno trovato l’esercito di Assad schierato per fermarli. Sui social gira anche il video di un posto di blocco abbandonato con le uniformi gettate a terra, sotto un poster del dittatore.
Il premier Mohammed al Jalali ha spiegato di aver avuto l’ultimo contatto con il dittatore ieri sera, e di non sapere dove si trovi. Secondo un funzionario Usa, Assad ha già lasciato Damasco.
Anche il quartier generale della polizia principale della città è stato abbandonato: la porta è socchiusa in segno della resa. Come a voler dire: “Entrate pure”. Migliaia di persone sono scese in piazza a Damasco, urlando a gran voce: “Libertà”. Ed è proprio questo che si respira, dopo che i ribelli hanno invitato i siriani all’estero di tornare nel loro Paese.
Il premier in stato di arresto: “Pronto a collaborare”. La fine di un’era in Siria
Il primo ministro Mohammed Ghazi al-Jalali è stato arrestato in un hotel a Damasco. È pronto a collaborare con qualsiasi governo scelto al popolo e per qualsiasi passaggio di consegna. Lo ha dichiarato lui stesso sui social: “Questo Paese può essere normale e può costruire buoni rapporti con i vicini e col mondo. Questa questione spetta a qualsiasi leadership scelta dal popolo risiano. Siamo pronti a cooperare e offrire tutte le strutture possibili”.
All’emittente panaraba Al Arabiya, ha dichiarato di aver avuto contatti con il leader del movimento siriano jihadista-salafita Hayat Tahrir al Sham, alla guida della coalizione di opposizione di Assad, e di aver già concordato con lui la necessità di mantenere le istituzioni statali.
La caduta del regime del presidente siriano Bashar al-Assad rappresenta la fine di un’era. Il suo potere si è sgretolato sotto i colpi di una guerra civile dopo quattordici anni di potere e dopo aver deluso i siriani che da lui si aspettavano un Paese libero.
Assad, le promesse ai siriani fatte e non mantenute
Durante le proteste in Tunisia ed Egitto che hanno rovesciato i regimi, Assad era convinto che in Siria non sarebbe mai accaduto. E nel corso degli anni ha sempre negato che nel suo Paese fosse latente una rivolta popolare.
Quando è salito al potere, i cittadini speravano in un nuovo corso, dopo anni trascorsi sotto la dittatura del padre Hafez Assad. Ma le loro speranze si sono rivelate vane nel 2011, quando non ha esitato a reprimere le proteste esplose nel Paese utilizzando la repressione dell’esercito nelle città controllate dall’opposizione, con il supporto di Russia e Iran.
Il successore designato di Hafez Assad era in realtà il fratello maggiore Basil, che però è morto in un incidente d’auto nel 1994. All’epoca Bashar si trovava a Londra, dove aveva studiato e dove aveva aperto uno studio di oftalmologia. Dopo la morte del fratello è stato richiamato in Siria per l’addestramento militare, diventando colonnello, in modo che un giorno potesse governare.
Quando nel 2000 Hafez Assad è morto, il Parlamento ha abbassato l’età per diventare presidente da 40 a 34 anni. È stato anche indetto un referendum popolare con lui come unico candidato. Hafez ha governato la Siria per trent’anni mettendo in atto un vero e proprio regime del terrore, al punto che i cittadini siriani temevano anche di scherzare sulla politica con gli amici.
Il padre ha stretto un’alleanza con gli sciiti in Iran, ha sugellato il dominio siriano in Libano e ha creato una rete di militanti palestinesi e libanesi.
La caduta del regime di Assad non è avvenuta all’improvviso: i precedenti
Appena salito al potere, Bashar al-Assad ha liberato tutti i prigionieri politici arrestati sotto il regime del padre. E fin da subito ha permesso un maggiore dibattito in Siria. Durante gli anni della Primavera di Damasco sono nati anche salotti di intellettuali, nei quali si discuteva di politica, arte e cultura.
Ma il punto di rottura, il momento in cui i cittadini si sono accorti che la libertà era ancora lontana, è arrivato nel 2001. Quell’anno mille intellettuali hanno firmato una petizione pubblica per chiedere una democrazia vera, dove non esistesse un unico partito, e maggiori libertà. Hanno tentato anche di istituire altri partiti. Ma Assad ha risposto a questo tentativo chiudendo i salotti letterari e con l’arresto di molti attivisti da parte della polizia segreta.
Bashar al-Assad si è concentrato sulle riforme economiche. Ha trasformato Damasco e altre città in centri commerciali con nuovi ristoranti e negozi. Sotto il suo regime il turismo è cresciuto. In politica estera ha sempre mantenuto la linea del padre, attraverso l’alleanza con l’Iran.
Il suo obiettivo è sempre stato riavere le alture del Golan, annesse da Israele, ma non ha mai affrontato militarmente Tel Aviv. Nel 2005, quando in Libano è stato assassinato l’ex premier Rafik Hariri, i libanesi hanno accusato Assad della sua morte e la Siria ha ritirato le truppe nel Paese.
Il mondo arabo si è diviso in due parti: da un lato, i Paesi sunniti alleati con gli Usa (Arabia Saudita ed Egitto), dall’altro, l’Iran sciita, legata a Hezbollah e i militanti palestinesi.
Chi erano i fedelissimi di Assad
Bashar al-Assad ha avuto al suo fianco lo stesso gruppo di potere del padre Hafez: la setta alawita, che ha radici nell’Islam sciita (comprende circa il 10% della popolazione).
Ma nel corso del suo regime si è rivolto anche alla famiglia. La moglie Asma in primis, ha sempre avuto un ruolo di primo piano fino a maggio, quando ha annunciato di essere malata di leucemia.
Il fratello minore Maher ha guidato la Guardia presidenziale d’élite e avrebbe dovuto guidare anche la repressione della rivolta. La sorella Bushra ha sempre avuto un ruolo importate nella cerchia dei fedelissimi. Il marito Assef Shawkat era viceministro della Difesa di Assad, prima di essere ucciso in un attentato nel 2012. Il cugino Rami Makhlouf è stato uno dei più importanti business man della Siria.