Il fenomeno del Brain Rot è sulla bocca di tutti. Ma perché dovremmo preoccuparci, al di là di allarmismi vari ed eventuali?
In un’epoca in cui la tecnologia permea ogni aspetto della nostra vita, un nuovo fenomeno sta emergendo con forza, portando con sé preoccupazioni crescenti per la salute del nostro cervello. Parliamo del “Brain Rot”, un termine che descrive il declino delle nostre capacità cognitive causato dall’overconsumo di contenuti superficiali sui social media e altre piattaforme digitali. Questa condizione si manifesta quando ci perdiamo nello scorrere compulsivo tra post, foto e video di pochi secondi, senza mai soffermarci veramente su ciò che stiamo guardando o leggendo.
Il “Brain Rot” non è solo una frase ad effetto; riflette una realtà allarmante sulla nostra salute mentale nell’era digitale. L’esposizione costante a materiale di scarso valore cognitivo ha effetti tangibili: riduce la nostra capacità di attenzione, affolla la mente con informazioni inutili, crea dipendenza e indebolisce la memoria. In altre parole, mentre i nostri occhi scorrono senza sosta lo schermo del cellulare o del computer, le nostre facoltà mentali subiscono un lento ma inesorabile deterioramento.
La dipendenza dai dispositivi mobili è stata riconosciuta come una minaccia significativa alla salute mentale da organizzazioni internazionali come Save The Children, che hanno messo in guardia contro i pericoli degli ambienti digitali. Tra i comportamenti più dannosi associati al “Brain Rot” troviamo l’uso eccessivo dei videogiochi fino a sfociare nella dipendenza; la cosiddetta “zombiezzazione”, ovvero lo scorrimento infinito dei contenuti online che porta a perdere cognizione di sé stessi; il doomscrolling, ossia la ricerca ossessiva di notizie negative; e infine l’incontrollabile bisogno di controllare incessantemente i social media.
Interessante notare come il concetto di “Brain Rot” non sia affatto nuovo. Già nel 1854 Henry David Thoreau utilizzava questo termine nel suo libro Walden per criticare l’apparente declino dello sforzo mentale nella società dell’epoca. Oggi assistiamo a una rinascita del termine grazie alla sua popolarità sulle piattaforme social – TikTok su tutte – specialmente tra le generazioni più giovani come Gen Z e Gen Alpha.
Di fronte a questa crescente preoccupazione globale per gli effetti nocivi dell’eccessivo consumo digitale sulla nostra mente, alcuni paesi hanno già iniziato a prendere provvedimenti drastici: l’Australia ha vietato l’utilizzo dei social network ai minori di 16 anni per incoraggiarli a dedicarsi ad attività più sane come lo sport.
Ma cosa possiamo fare individualmente per contrastare questo fenomeno? Una soluzione efficace è rappresentata dal cosiddetto “digital detox”, ovvero dedicare momentaneamente tempo alla disconnessione dai dispositivi elettronici per permettere alla mente di riposarsi ed impegnarsi in attività stimolanti quali leggere un libro o fare una passeggiata all’aria aperta.
Un altro strumento potente contro il “Brain Rot” è praticare la mindfulness attraverso tecniche quali meditazione ed auto-riflessione che aiutano a rafforzare la concentrazione e sviluppare maggiore consapevolezza personale.
Infine ma non meno importante è ritrovare le connessioni autentiche con gli altri al di fuori degli schermi digitali. Dedicarsi alle relazioni faccia a faccia può essere estremamente benefico nel contrastare gli effetti isolanti della vita online e riportarci verso uno stato mentale più salutare ed arricchito.